Senza futuro
I bambini dello Yemen: sfruttati, malati o venduti
“Il fenomeno della tratta dei bambini comprati da coppie in Arabia Saudita o in altri Paesi deve terminare. Questa sarà una priorità assoluta per il Governo e per il Parlamento dello Yemen. Da un’inchiesta congiunta del ministero degli Interni, del ministero degli Affari Sociali e del ministero del Lavoro e dei Diritti Umani, è emerso che i bambini yemeniti comprati da famiglie saudite nel 2003 sono stati 3500, tra i 6 e i 12 anni, soprattutto maschi. E’ inaccettabile”.
Mansour al-Zandani, parlamentare dello Yemen, è molto duro nello stigmatizzare un commercio tra i più abbietti: quello di bambini. I dati sono allarmanti e al-Zandani sottolinea che “questo emorragia di bambini è gravissima e, se non sarà fermata, avrà ripercussioni sull’equilibrio stesso della società yemenita”.
“Spesso vengono comprati bambini per coppie sterili, ma molti di loro vengono comprati per elemosinare per persone senza scrupoli”, spiega il deputato, “in certi casi le bande che si occupano di trovare i piccoli da vendere all’estero operano con la complicità delle famiglie dei bimbi che, spinte dalla disperazione e dalla fame, preferiscono privarsi di uno dei figli per permettere agli altri di sopravvivere”.
“Le autorità si battono per il controllo delle frontiere”, spiega al-Zandani, “ma sono tutti concentrati sul traffico d’armi, sul contrabbando delle merci e sui terroristi. Il traffico di bambini non è meno grave di questi crimini e va combattuto con lo stesso impegno e con una legislazione adeguata”.
L’allarme lanciato dal parlamentare yemenita apre una riflessione su un fenomeno terribile, quello del mercimonio di vite umane, le più indifese, quelle dei bambini. La questione è più complessa però ed è l’occasione per una riflessione sulla condizione dell’infanzia in Yemen.
Anche i bambini più piccoli, per tradizione, vengono impiegati in tutti i tipi di lavori, anche quelli pesanti. Alcuni esempi: la preparazione dei mattoni di argilla, paglia e sterco, che avviene a mano, oppure i bimbi vengono utilizzati per fare la guardia ai campi di qat, la droga leggera diffusissima nello Yemen, per giornate intere, senza un riparo dal sole cocente. Molti piccoli, sottratti all’educazione scolastica, vengono utilizzati per pascolare le greggi e altri ancora per vendere le merci nei mille mercati del Paese, o ancora per fare i portatori d’acqua, magari costretti a coprire lunghe distanze a piedi e con un carico sulle spalle.
Secondo dati del COOPI, una ong italiana, nelle zone rurali dello Yemen solo il 30 per cento della popolazione ha accesso ai servizi di base.
Un dato che fa riflettere è quello che indica che il 50 per cento della popolazione dello Yemen ha meno di 15 anni, ma la mortalità infantile è altissima: 192 bimbi su mille non sopravvivono, soprattutto a causa di malattie infettive, diarrea, malattie dell’apparato respiratorio e altri mali facilmente prevenibili con un’accurata politica di vaccinazione.
Una storia significativa in questo senso è quella di Zamzama, 14 anni, una bimba yemenita che ha raccontato la sua storia al Congresso mondiale sul Lavoro Minorile di Firenze del maggio di quest’anno. Zamzama ha cominciato a lavorare prestissimo, quando suo padre morì d’infarto.
Poco dopo ha perso anche la mamma e, in un Paese che non ha una struttura sociale statale adeguata, l’unica fine possibile era la strada. Lei è stata fortunata ed ha incontrato i volontari dell’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ma molti bambini nello Yemen non lo sono.
Alcuni di loro, come riferisce un rapporto dell’organizzazione “Stop all’uso dei bambini soldato!”, vengono utilizzati come combattenti nelle faide tribali che attraversano il Paese e, alla fine finiscono anche in carcere. In un rapporto di Amnesty International del 2001 si parla di bambini di sette anni detenuti ne governatorato di al-Dala, una zona di forti tensioni tra polizia e gruppi tribali mai disposti a piegarsi al potere dello Stato.
Sembra che nascere in Yemen sia una condanna: se non si viene sfruttati per lavoro, se non si muore per scarsa assistenza sanitaria, se non si finisce a combattere assurde guerre tribali, magari si finisce per essere venduti a qualcuno. Lo Yemen sta investendo immense risorse economiche per la lotta al terrorismo e per rilanciare il turismo. Rischia però di diventare un Paese ricco e sicuro, ma privo del bene più grande: il sorriso di un bambino.
Christian Elia
22/07/2004 – PeaceReporter