Grandi navi, Celentano non molla. Salvi Zaia e Orsoni, nel mirino c’è Costa.
Il Molleggiato torna a scrivere di Venezia a tre giorni di distanza dal primo affondo. Ora se la prende con Lupi e risponde al presidente del porto: «Incrostato alla poltrona»
VENEZIA – Adriano Celentano non si arrende. Dopo il duro attacco di martedì a Regione, Porto e Comune, colpevoli, per lui, dell’«assassinio» di Venezia, venerdì il Molleggiato (sempre dalle pagine de «Il Fatto Quotidiano») se la prende con il governo. «Il silenzio di Lupi (Maurizio, ministro alle Infrastrutture, ndr) è il canto dello sfacelo – scrive l’artista -. Il decreto rotte impedisce a tutti i porti l’avvicinamento alle coste di una nave superiore alle 40 mila tonnellate, ma a Venezia no. A Venezia possono liberamente passeggiare navi da 140 mila, altrimenti come fanno a distruggerla?».
Sulle grandi navi, Celentano si scaglia di nuovo contro il presidente dell’Autorità portuale, Paolo Costa. Accusato di essere uno dei «mandanti della lenta ed inesorabile morte della più bella città del mondo», Costa martedì aveva risposto: «Ciabattino non andare oltre le scarpe, peccato era un così bravo cantante».
E Celentano ribatte: «Dovrebbe ringraziarmi anziché fare battute della guerra del ’15-’18 – si legge nell’articolo -. Sa quanti mi hanno detto la stessa cosa quando ero a «Fantastico»? Se io non canto, è perché la sto aiutando a correre ai ripari prima che succeda un’altra tragedia come quella del Giglio». Il cantautore poi fa un dietrofront su Luca Zaia, presidente della Regione, Massimo Cacciari, l’ex sindaco filosofo e sull’attuale primo cittadino Giorgio Orsoni. Inizialmente tacciati di corresponsabilità nella distruzione di Venezia, venerdì Celentano ha deciso di ringraziarli. Il motivo? «Per essere quelli che combattono questo pericolo», si legge ancora. Costa invece sarebbe «incrostato alla poltrona», il Ministro «silente» e i suoi predecessori Corrado Clini (Ambiente) e Corrado Passera (Infrastrutture) nel partorire il decreto rotte sono stati sicuramente sottoposti a pressioni. La deroga veneziana, altrimenti, non si spiegherebbe.
G.B.
09/08/2013 – Corriere della Sera