Essere la moglie di un mito
- Quando sei la moglie di un mito, per esempio di un cantante famoso, sei oggetto della gelosia di una frangia non indifferente di fan esagitati, e non solo:
Mi rendo conto che quando sei la moglie di un eroe del rock finisci per non piacere a un sacco di gente: ho sempre lottato per avere una mia identità, anche musicale (…), non essere soltanto la moglie di una rock’ n’ roll star.
Patti Scialfa, cantante e moglie di Bruce Springsteen
- Ogni tanto ti chiedi che ne è della tua identità, soprattutto se fai lo stesso mestiere del marito-mito:
Devo dire che il mio ruolo nella band è soprattutto figurativo. A volte è frustrante perché vorrei metterci qualcosa di mio, ma nel contesto della band non c’è spazio per questo.
Patti Scialfa, a proposito del suo ruolo nella E-Street Band, il gruppo di supporto del marito
- Sei inoltre il bersaglio di una parte della stampa e dell’opinione pubblica che ti accusa di fare il vuoto intorno e di tenere lontano il marito da amici e colleghi, malgrado i fatti dicano il contrario:
Yoko Ono? Non è stata certo lei a sfasciare il gruppo, stava andando a pezzi da solo.
Paul McCartney, a proposito della leggenda dura a morire sull’annosa questione dello scioglimento dei Beatles
- E poco importa se in realtà sei la musa ispiratrice del cantante, e che la tua sola presenza è fondamentale perché il marito continui a produrre: la cosa non ti verrà riconosciuta tanto facilmente, se non dopo molto tempo:
(Imagine) Non credo che (John Lennon) l’avrebbe scritta senza Yoko, non la si può incolpare di nulla. Quando è entrata nella sua vita, parte del suo fascino era quel suo lato sperimentale, il suo modo di vedere le cose, gli ha mostrato un altro modo di vivere che per lui era molto affascinante.
Paul McCartney
Tutto questo può in qualche modo essere sopportato se il marito-mito fa di te la principale fonte d’ispirazione per il suo lavoro e il perno della sua esistenza:
Spesso, essere il capo mi fa sentire solo. Dover essere sempre il punto di riferimento! Per esempio, mi capita quando giro un film, che devo scrivere la storia, devo interpretarlo, devo fare le musiche, devo dirigerlo, devo dire agli attori fate questo o quello, devo indicare la posizione di macchina, devo dire troppe cose, e loro sono tutti lì, ad aspettare. Allora, io vedo che, mentre aspettano, mi guardano come chi aspetta ordini. Io, lì, mi sento solo. Lì non c’è nessuno che può incoraggiarmi. Neanche gli amici possono incoraggiarti, perché gli stessi amici, quando vengono sul set, ti guardano e, quasi quasi, assumono anche loro un tono che non è rispetto, però lo si capisce dalle parole, è un tono di quasi rispetto che mi da’ fastidio. (…) Le decisioni sono tutte addosso a me, e l’unica che ha la forza di poter sciogliere questa cosa qui, che è molto forte, che è come un proiettile che ti arriva in quel momento nello stomaco, è solo una donna. Anzi, non una donna, ma la tua donna. La tua donna che potrebbe dirti: “Staccati da questa cosa”.
Adriano Celentano, nel libro “Il Paradiso è un cavallo bianco che non suda mai”
Antonio