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Elvis is alive

17 agosto 1977: Era sera, eravamo piccoli, c’era mia sorella, 8 anni, mio fratello 7 e io quasi 6, li avrei compiuti di lì a due mesi, era una sera d’estate, non come quelle cui ci stiamo abituando ormai, c’era l’afa e c’era l’odore dell’estate. E c’era quella magica atmosfera che le vacanze da scuola sapevano dare… E c’era la tv dei ragazzi, quella che iniziava al pomeriggio e finiva con Carosello, poi c’erano i momenti dei “grandi”, quella macchinosa e noiosa, quanto complicata, sequela di notizie. Cronaca di atti di terrorismo e altre barbarie, mafia, politica, economia, e altre stranezze che suonavano alle nostre orecchie acerbe come lingua straniera. Quindi per noi bambini quello era l’inevitabile momento della nanna. Vivevamo in una casa molto piccola e tutt’e tre dormivamo nel tinello trasformato in camera da letto. E così gli echi delle notizie “da grandi” raggiungevano le nostre menti assonnate. Una notizia ci scosse particolarmente. Elvis se n’era andato…La notizia era intrisa di mille commenti e di altrettante ipotesi sulle cause. Confusa ma altrettanto chiara nella sua sostanza. Noi sapevamo perfettamente chi e cosa rappresentasse Elvis Presley. Grazie all’amore smisurato per la musica che ci aveva ereditato nostro zio, viaggiava in nave per tutto il mondo e ad ogni suo rientro impreziosiva il nostro porta-cassette (allora esistevano nastri e vinile) con nuove chicche…A lui dovevamo ad esempio la scoperta di un Bruce Springsteen (The river) assoutamente sconosciuto in Italia… E così la nostra casa era allietata dalle canzoni di Elvis e Celentano, erano i miti che aleggiavano intorno a noi. Con mio fratello avevamo inaugurato una specie di sfida, che poi era durata per parecchi anni, tra la mia passione smisurata per il Molleggiato e la sua per Elvis the Pelvis. E si era instaurata una specie di competizione tra due modi differenti di intepretare il Rock and roll e altre melodie. Facevamo i confronti tra We’re gonna move (uno dei pochi pezzi scritti da Elvis) in versione originale e in versione celentanese, lo stesso facevamo con Readdy Teddy o con Tutti Frutti, o Be Bop A Lula e così via….Poi col senno di poi ci si è resi conto che non c’era un antagonismo tra i due: entrambi avevano attinto dai grandi maestri ( Little Richard, Chubby Checker, Chuck Berry, Jerry Lee Lewis, Fast Domino e così via)…E avevano messo dentro a quel nuovo stile tutta la loro rabbia e la voglia di cambiamento. Il rock and roll non era un movimento o una moda, come molti all’epoca volevano pensare, ma era un’autentica filosofia. Una nuova strada da seguire. Sono passati 50 anni dalla nascita ufficiale del Rock and Roll e 30 dalla dipartita del suo Re eppure quei ritmi, quel senso di ribellione, quelle mosse, quel modo di pensare, sono sempre attuali. Come ingredienti fondamentali. Come farina o sale, elementi essenziali per cucinare qualunque variante…Il rock è vivo, Elvis è vivo, perchè ci sono artisti come Adriano Celentano che hanno preso in mano la staffetta e, finchè ne avranno le possibilità, porteranno alto il nome di chi ne è stato il primo vero interprete…

Quella notizia ci aveva scossi, quella era una notizia che non era da grandi, eppura era inserita in un contesto lontano dal nostro, le sue stesse ragioni erano troppo lontane da noi, noi che accendevamo il nostro mangianastri, lo stesso che ci raccontava I mali del secolo, e sentivamo limpida (per quanto potesse esserla) la voce di un grande Elvis che, ancora il giorno prima di andarsene, aveva regalato un concerto dove, a contrasto con il suo corpo ormai provato dall’abuso di alcool e psicofarmaci, si estraniava da ogni contesto terreno, si spogliava di ragione, sentimenti contrastanti, dolore, fatica, delusioni, e volava alta accompagnando una folla immensa, senza precedenti, nell’ultimo saluto…

Il documentario che testimoniava le ultime ore della Sua vita è stato programmato centinaia di volte eppure, ogni volta che sento le note di My way, cantata da Elvis con voce commossa, mentre le inquadrature dall’alto si allontanano sempre più, provo una strana sensazione. Di contrasto. Tra una folla che diventa un puntino invisibile e insignificante ed una voce che invece di allontanarsi si avvicina fino ad entrare nel cuore….

Paolo

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