ACfans

Amami Amami, tormentone perfetto per anticipare il ritorno di Mina e Celentano

Adriano Celentano e Mina nel 1961

La canzone Amami Amami è stata scelta come sappiamo per anticipare l’album Le Migliori, in uscita l’11 novembre. L’idea è stata vincente su tutti i fronti: il brano, un tango attualizzato da un arrangiamento dance, è diventato in un battibaleno un tormentone radio, e, nel giorno della sua uscita, venerdì 21 ottobre, poco dopo la mezzanotte su tutti gli store digitali, era in cima alla classifica dei singoli di iTunes già in mattinata, spodestando nientemeno che Justin Bieber e il suo plotone di fan adolescenti; primo posto mantenuto per ben quattro giorni in una classifica che, giova ricordare, viene aggiornata in tempo reale. Oltre a questo, il video è stato in cima alle tendenze video su YouTube e in soli quattro giorni ha superato il milione di visualizzazioni (al momento veleggia verso il milione e mezzo). Non male per due star della musica che sono sulla breccia da ormai quasi sessant’anni. Notevole anche l’aver affidato il leak di 30 secondi del pezzo il giorno prima dell’uscita a Gianni Morandi, affinché la pubblicasse sulla sua seguitissima pagina Facebook (e grandi complimenti a chi ha avuto l’idea).

La scelta di questo brano come anticipazione dell’album è azzeccata anche dal punto di vista prettamente artistico: il testo infatti (un dialogo amoroso tra due amanti non più giovani) pare fatto apposta anche per celebrare il ritorno alla collaborazione tra Mina e Adriano dopo molti anni (diciotto):

E se non ti avessi amato mai
Adesso non saresti qui
Ma non mi chiedere perché

(…)

E io mai mi abituerò
Alla tua voce e ai tuoi addii
Contro la nostra volontà

(…)

Versi che paiono proprio celebrare la misteriosa alchimia artistica che sprigiona ogni volta che queste due leggende collaborano insieme. Onore al merito quindi anche a Riccardo Sinigallia, che ha adattato in italiano il testo originariamente composto dall’israeliano Idan Raichel.

Naturalmente il merito del successo del pezzo va soprattutto ai due protagonisti e alle loro voci. Settantotto anni Adriano, Settantasei Mina, ma le voci sono quelle di due ragazzi, capaci di dare anima anche all’elenco delle pagine gialle, tanto per usare un esempio dei più abusati. Quasi sessant’anni di carriera per entrambi, vissuti sempre da protagonisti, a partire da un’antica amicizia iniziata a causa della comune passione per il rock and roll, scandita da memorabili duetti televisivi, visite private, partite a poker, un disco insieme che ora verrà bissato fra poco meno di quindici giorni, e pubbliche dichiarazioni di stima reciproca, oltre al bisogno di privacy (che in Mina è decisamente più marcato). A questo proposito, nell’articolo su Il Venerdì di Repubblica di presentazione del disco, Natalia Aspesi scrive che, per sopperire alla mancata disponibilità dei due artisti a farsi intervistare, le sono stati inviati “vecchi vezzeggi di Mina a Celentano (su Vanity Fair) o antichi elogi di Celentano a Mina (La Stampa)”. A noi piace invece ricordare il bellissimo articolo che Mina scrisse per Adriano sulla rivista Liberal, di cui al tempo era collaboratrice, proprio in occasione dell’uscita del loro primo disco insieme, il 14 maggio 1998, e che qui riportiamo integralmente. Aggiungere qualcosa a queste parole sarebbe superfluo.

Adriano potrebbe avere indifferentemente dieci mesi, diciassette oppure centocinquant’anni. Non ha praticamente niente della sua età anagrafica. Per quanto riguarda la sua sopravvivenza fisica si affida completamente: si lascia mettere il cappellino ben calcato, si abbandona a chi gli chiude bene il collo del cappottino perché non prenda freddo. Se non ci fosse chi gli mette in mano un biberon, qualcosa da mangiare, morirebbe di denutrizione, perché lui non sente la fame, non ci pensa. Se ne ricorda magari quando comincia ad accorgersi che sta per svenire.
Non porta l’orologio, ma credo che se anche lo portasse continuerebbe ad arrivare in ritardo a tutti gli appuntamenti: di un’ora, due ore, tre ore oppure non arrivare per niente. Ma questo non lo fa volontariamente, no. Lui pensa … Probabilmente sempre ad altro. E così, tornando da Roma a Milano in treno, si domanda per tutto il viaggio: “Ma cosa diavolo mi sono dimenticato?”. E soltanto alla stazione di Milano gli viene in mente che era la macchina. L’automobile con la quale era andato a Roma. Quella aveva dimenticato.
Lui pensa … E si distrae, anzi si astrae completamente dalla realtà. E anche quando ti dice: “Ma va’!”, dopo un tuo racconto che magari ti sembrava interessante, tu capisci chiaramente che non ti ha seguito affatto. Lui pensa … Poi però, se proprio lo ritiene indispensabile, è in grado di rimettere insieme i suoni del racconto che gli hai fatto e, per quell’istinto formidabile che ha nel suo patrimonio di animale superiore, riesce a ricomporre il senso e a farti credere che lui non poteva stare più attento di così a quello che dicevi.
Lui pensa … E ogni tanto sembra come scuotersi dalla netta delimitazione, dal gorgo dei suoi “contenuti mentali”. Si guarda intorno come chi è appena tornato da un lungo viaggio nel futuro o nel passato e ti esplode addosso la sua esagerata, enorme, torrenziale, travolgente, pazzesca simpatia.
Parla volentieri di sé e racconta grandi o piccoli aneddoti popolati da piccoli o grandi personaggi con una lucidità di esposizione tale che sembra di leggere una bella sceneggiatura. E quando prende in mano una chitarra e canta uno dei nostri adorati rock della prima ora, ha la capacità di metterti al centro di un periodo storico-musicale che tu magari non hai conosciuto e di farti capire il profondo significato di quel fenomeno di costume che ha cambiato la musica, e non soltanto quella. Lì non pensa. Lì finalmente torna dai suoi viottoli, dalle sue scorciatoie o allungatoie mentali e agisce. Ed è un vero godimento ascoltarlo e guardarlo muoversi con quella strana “danda”, con quello strano equilibrismo da precipizio.
No, Adriano non può avere più di vent’anni.

Grande molleggiato, ti voglio bene.

Antonio

Exit mobile version