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Vitarte. Fiera o Sanremo?

La fiera viterbese ha un sapore sanremese. Come il festival, è in fase transitoria. Una mostra sul tema della sedia sembra simboleggiarne lo stato d’animo. Piccole considerazioni di un critico di provincia su una fiera di provincia…

Tra i ritmi dimessi della provincia italiana l’arte contemporanea sembra scalciare dietro l’indifferenza generale, rumoreggiare oltre la coltre dell’ordinario. Così è Vitarte, nella sua terza edizione, una fiera sanremese. Nel senso che, come questa edizione di Sanremo, sembra essere in una fase transitoria, sottotono ma inquietante. Eludendo lo star system, Vitarte 2006 è una fiera che, senza presenze gridate, rimane comunque in grado di muovere gallerie importanti come Santo Picara di Firenze e Carini, che, in alcuni casi, hanno il pregio di esporre interessanti giovani artisti come Valente di Finale Ligure che espone Marco Grimaldi e Vincenzo Marsiglia. In un luogo dove il collezionismo d’arte contemporanea si e no arriva a Mario Schifano. Nello sforzo meritorio di creare allestimenti, come Arturarte che ha presentato un’installazione di Stefano di Maulo occupante tutto uno stand, prospetta la possibilità che in un futuro si possano vedere dei progetti speciali. Quest’edizione ha il sapore di una sosta meditativa in cui riprendere fiato significa riconoscere le proprie disponibilità di mercato, cercando nel pubblico che compra la risposta ad una strategia espositiva, tarando una proposta che nelle edizioni precedenti era piuttosto sbilanciata dall’entusiasmo degli esordi. La sosta è emblematicamente rappresentata dalla mostra curata da Giuseppe Salerno all’interno della fiera: L’arte seduta. Cento sedie d’artista. Introdotta da una lettera destinata ad Adriano Celentano, questa mostra segue un impianto espositivo di tipo cinematografico: i 100 oggetti sono allineati e rivolti verso uno schermo, in cui appaiono, una per una, tutte le sedie stesse proiettate singolarmente con il nome dell’autore.

Tornando a Celentano, Salerno dichiara nella lettera la sua disapprovazione nei confronti del binomio rock e lento, sostenendo che «La circolazione delle merci, delle armi, delle droghe, dei virus e degli antivirus non è lenta. Lenta è la diffusione della pace perchè il pensiero che la genera, come del resto ogni pensiero, è lento». Vedendo Salerno in questa versione slow thinking ci vengono in mente gli anni in cui teorizzava in Movimento dell’Arte Telematica, tutto incentrato sulla neo tecnologia e sulla velocità della comunicazione globale (la net art era lì da venire). Sicchè questa stasi improvvisa enfatizza il momento dell’arresto, è come una frenata brusca. Chi non si ferma è invece l’operosa confraternita dei ragazzi di Off Art, che hanno costruito in fiera un simpatico labirinto di leggerezza e ludibrio, un alveare di idee fresche, forse un pò acerbe, ma dinamiche.

Marcello Carriero

13/03/2006 – Exibart.com

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