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Rockpolitik, la libertà in Tv spaventa Del Noce

Adriano Celentano è di sicuro un grande personaggio nel mondo dello spettacolo. Io lo preferisco quando canta, ma a lui piace tanto parlare. Spiegarsi, forse, e magari dire anche cose inconsuete per sbigottire. Adesso ritorna in tv: di sicuro spunti e argomenti non gli mancheranno. Anni fa fece, nientemeno, anche una serata per mettere in discussione la legge sui trapianti: mancava solo l’intervento del donatore.

Un vecchio problema quello del trasferimento di organi e un’antica storia che risale alla notte dei tempi. Già sei secoli prima della nascita di Cristo gli indiani aggiustavano i nasi deformi con la pelle presa dalla fronte e i santi Cosma e Damiano, patroni dei chirurghi, vennero rappresentati dal Beato Angelico intenti a saldare la gamba di un involontario benefattore, nel troncone di un bianco mutilato.

‘Polemica rovente’: così intitolarono allora i giornali e discussioni accese commentarono lo show del ‘Molleggiato’ che si era lasciato andare a ruota libera, incoraggiato da alcuni intellettuali che trovavano geniali tanto i suoi esasperati silenzi come i suoi diarroici sermoni. Adriano Celentano è uno straordinario interprete di canzoni, e un mattatore: da solo riesce a riempire la scena e a costruire uno spettacolo. E ha anche una imprevedibile ed eccezionale vocazione provocatoria, non priva di ardori polemici.

Di Celentano ce ne sono certamente due: uno che canta e uno che fa comizi. Nell’ormai lontano 1987 scrissi a proposito del programma ‘Fantastico’ e dell’annunciato divorzio con la Rai: “Di sicuro non sarà la fine di un amore. È una unione, e mi pare normale, nata dall’interesse, e già nel patto nuziale stava scritto che al ‘Molleggiato’ sarebbe stata permessa anche qualche scappatella”.

Se in quell’esperienza c’era stato qualcosa di rivoluzionario non era l’inconsueto linguaggio del protagonista, che alternava silenzi sepolcrali e sproloqui senza fine, ma un inseguirsi di trovate e di stramberie che non hanno rivelato un comico, ma un predicatore. Un palcoscenico da rivista era stato trasformato in pulpito con l’inconveniente che il missionario non sapeva quello che diceva, ma lo diceva appassionatamente.

“La caccia è contro l’amore”, diceva, invitando a votare per l’abolizione e a scriverlo sulle schede. E pare ci sia stato chi lo prese in parola: perché, sosteneva Petrolini, quando uno sciocco la inventa c’è sempre uno stupido che la perfeziona.

Non ho di certo virtù profetiche, ma sono certo che adesso Adriano (il nuovo show si chiamerà ‘RockPolitic’) non trascurerà l’allettante mondo degli onorevoli che non dovrebbero intervenire nelle trasmissioni di intrattenimento (beh, allora bisogna ridurre molto la programmazione anche se personalmente trovo invece assai avvincenti certi rappresentanti del popolo che di fronte alle telecamere esaltano le loro caratteristiche).

Già Celentano ha avuto qualche avvertimento per le quattro sere che lo vedranno impegnato in aprile: niente questioni referendarie, come la fecondazione assistita, lo avverte Claudio Petruccioli, presidente della Commissione di vigilanza Rai, “perché non ci può essere confusione tra show e informazione”, ma Adriano “ha ottenuto piena libertà editoriale”.

Il che vuol dire che chi scrittura Celentano sa che lui non molla – e se ne prende la responsabilità – sulla sua indipendenza. Non è un presentatore, né un attore nel senso classico: inventa lui. Conosce la sua misura e le sue possibilità: e ci sono apparenti ‘stravaganze’ che sono accettabili per la sua personalità. Celentano, secondo me, ha capito che può far tutto, e poiché è furbo come Bertoldo, ne approfitta; e vedrete che prima o poi, in una di quelle pause diventate ormai memorabili, farà come il famoso villano: la riverenza agli augusti sovrani del potere e alla devota corte, alla rovescia. Anche nelle corti più severe ai giullari era concesso un largo margine; talvolta potevano dire perfino la verità.

Leggo che Adriano ha il consenso de ‘l’Unità’: “Ambientalista, dc, antisindacalista”, cattolico ma “estraneo all’ortodossia” e, addirittura, “si salva con l’ironia dal baratro reazionario”. E prevedendo i possibili discorsi, il sempre interessante quotidiano si impegna senza limiti: “Noi”, dice, “difendiamo il suo diritto a dire stronzate”. Generosi.

19/10/2005 – Espressonline

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