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Prisencolin…La genesi del brano raccontata da Celentano

RIVALUTATION DEL MOLLEGGIATO – UN PROFESSORE CANADESE ASCOLTA “PRISENCOLINENSINANCIUSOL” SU YOUTUBE E LA POSTA SUL BLOG: “QUEL FINTO INGLESE SUONA PERFETTO”

di Ernesto Assante

Era il 1972, quando Adriano Celentano decise di dare alle stampe un curioso 45 giri, con un titolo lunghissimo e incomprensibile, Prisencolinensinanciusol. Il brano, dall´atmosfera “black” e con una ritmica che all´epoca andava particolarmente in voga, sembrava in perfetta linea con la “follia” di Celentano. Una follia che simulava un perfetto inglese in un testo che non aveva nessuna parola comprensibile. Sulla copertina c´era una previsione: “1° in classifica in tutto il mondo nel 1978, dati forniti dal centro elettronico del futuro”. E sul retro un ulteriore spiegazione: “Questa canzone è cantata in una lingua nuova che nessuno capirà; avrà un solo significato: amore universale”.

Celentano stava attraversando un periodo di grande successo, con brani che sistematicamente scalavano la Hit Parade. Nello stesso anno aveva realizzato anche un brano ecologista e impegnato come “Un albero di trenta piani”, in cui Celentano attaccava la speculazione edilizia, protestava contro l´inquinamento e se la prendeva soprattutto con il grattacielo Pirelli di Milano, una struttura che, per l´appunto, era fatta di 30 piani. Brano che faceva parte di un album interamente dedicato a temi scottanti, intitolato programmaticamente “I mali del secolo”.

Fu una sorpresa, dunque, ascoltare il 3 novembre del 1972, un brano che non voleva dire nulla, che non aveva un testo in nessuna lingua, che apparentemente non aveva alcun messaggio. Però quella canzone ebbe un grandissimo successo e diventò uno dei classici del repertorio di Celentano.

Sono passati trentasette anni e qualche giorno fa uno scrittore canadese, Cory Doctorow, che si è casualmente imbattuto nel video del brano su YouTube, ha deciso di proporlo nel suo blog, segnalando come la finta lingua inglese di Celentano suonasse quasi perfetta alle sue orecchie, scatenando l´interesse di altri lettori.

Celentano, ricorda esattamente quando ha avuto l´idea di realizzare la canzone?
«Quel giorno ero in sala d´incisione, stavamo registrando la base di un brano da me composto dal titolo “Disk Jockey”. E come sempre accade, curavo personalmente i colori degli strumenti. Quello sul quale mi soffermai di più, fu quello della batteria. Il batterista era un tedesco, molto bravo. Gli feci allentare la pelle del tamburello in modo che il colpo sul rullante risultasse di tono più basso e più sconquassante, quasi come se il colpo si rompesse.

La stessa cosa feci con la chitarra e con il resto degli strumenti. Finalmente quando tutto funzionava alla perfezione e il colpo del tedesco era perfetto come una vera e propria macchina da combattimento, (perché questa era l´impressione che mi suggeriva il brano) sovrapposi la voce. Come al solito i miei dischi non finiscono mai con un finale preciso, e anche in quel caso lasciai alla batteria il compito di chiudere il pezzo.

Fu a quel punto che dissi al bravissimo e simpatico tecnico, Gualtiero Berlinghini, di farmi un anello di quel finale che durasse circa quattro minuti e di mettermelo da parte perché intendevo con quel finale fare un nuovo pezzo. Tutto era pronto. Dissi a Gualtiero di mandarmi in cuffia quell´anello che si ripeteva per quattro minuti.

Cominciai quindi a improvvisare con la voce il suono di un qualcosa che evidentemente avevo dentro fin dalla nascita. Un ritmo che in qualche modo sentivo che dovevo tirar fuori. Fu così che nacque Prisenconilnensinainciusol».

La canzone ha mai avuto un testo vero e proprio in italiano?
«No. Perché da tempo coltivavo l´idea di fare un testo che non diceva niente. E quando finalmente, con quell´anello riuscì a costruire la giusta ossessione per ciò che avevo in animo, decisi che era arrivato il momento di esprimere, non dicendo niente, ciò che ritenevo il più elevato grado di poesia corrispondente al mondo di allora e a quanto pare valido naturalmente anche a quello di oggi…».

Ci dica la verità: ha mai imparato l´inglese?
«Sono anni che cerco di impararlo, ma ho sempre rimandato a causa di impegni, e il fatto di non parlare inglese è per me una vera spina. Perché come dicono gli americani la mia pronuncia sarebbe quella che gli Stati Uniti aspettavano da tempo…».

C´è stato qualcuno che le ha detto che l´idea di una canzone con un testo incomprensibile era una follia?
«Tutti tranne Claudia. Forse perché anche lei ha una buona dose di follìa. Tutti quelli che lo ascoltavano rimanevano sconcertati. “mi sembra una follìa” dicevano “un pezzo che non dice niente, cosa ti fa pensare che qualcuno lo vada a comprare” “Proprio il fatto che non dica niente” rispondevo».

Nel corso degli anni Prisencolinensineciusol è uno dei brani che è rimasto più attuale del suo repertorio. Merito del testo o della musica?
«Quando una cosa va bene, il merito non è mai di una sola cosa. E´ chiaro che il motore di tutto sta nell´idea, e quando a un´idea ci credi, in te si sprigionano le forze giuste per la giusta realizzazione».

Ha mai pensato di fare una “traduzione” del testo?
«Non c´è bisogno. Sono io la traduzione. Il modo e l´enfasi di come la canto. Sulla copertina c´è scritto che Prisencolinensinainciusol significa amore universale. Infatti se lei guarda il video, quello della scuola, noterà con quanto amore io canto quella canzone!».

Con questo brano pensa di essere uno dei padri del rap?
«I fatti stanno nelle date. Prisencolin nacque nel 1972. E gli stessi americani in questi giorni dicono che il rap negli Stati Uniti iniziò dieci anni dopo. E a dire il vero anch´io mi ricordo così».

23/12/2009 – La Repubblica

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