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Mogol: costretto a censurare il mio brano per Celentano

«Diffidato con una lettera, Adriano mi vieta di usare il suo nome»

MILANO – Una canzone su Adriano Celentano. L’ha scrit­ta Mogol. Ma non la sentirete mai. Almeno nella sua ver­sione originale. Il destina­tario si è arrabbiato per il ritratto e l’autore si è au­tocensurato. La storia inizia lo scorso anno quando Mogol è al lavoro con gli Audio2. Sta compo­nendo i testi delle can­zoni e una melodia («Parto sempre da lì, mai da una storia o da un soggetto») gli suggerisce la parola Adriano: «Così ho pen­sato di scrivere una cosa per un amico. Con affetto e ironia, intesa non come presa in gi­ro ma come alleggerimento di caratteristiche del perso­naggio che magari non sono apprezzate da tutti».

Nel testo Mogol scherza sul volontario isolamento che tiene Adriano lontano dal pubblico: «Anche un ca­stello diventa prigione/ Se ti rinchiudi fra divani e pol­trone/ Esci e non solo nel tuo giardino/ Tutta la gen­te ti vuole vicino». C’era pure una bonaria presa in giro dei tic dell’amico: «E prova a dirmi una sola paro­la/ Poi fa una pausa di al­meno mezz’ora». E anche un accenno al disprezzo per i politici e alle batta­glie contro il degrado urba­nistico e la caccia. Quindi l’omaggio diretto: «Oh Adriano/ Dammi la tua mano/ Oh Adriano». Alla fine della stesura Mogol spedisce un provi­no a Celentano. Che gli ri­sponde con una letterac­cia: «Ti diffido dall’utiliz­zare il mio nome. Quella canzone dedicala a Va­sco Rossi». E così, nell’al­bum in uscita a maggio e che verrà lanciato pro­prio da questa canzone, il nome del Molleggiato non verrà pronunciato. Sparito. La nuova versio­ne prevede un «Lo dico piano/ Un aeroplano/ Non si abbassa con la mano» e un nuovo tito­lo, «La voce di un amico». Per­ché? «Sono a posto con la mia coscienza, ma per non contra­riarlo ho deciso la modifica» di­ce con gran pudore Mogol. E aggiunge: «Da quella lettera emergeva chiaramente che si sentiva offeso. Eppure quelle cose gliele dicevo anche di per­sona, come si fa con un fratello o un figlio. Mi è spiaciuto quel­lo che mi ha fatto Celentano. Fa male essere fraintesi: io vole­vo fargli una carezza e in cam­bio ho ricevuto una sberla». A spingere verso la scelta prudente anche la Carosello, etichetta del progetto Mogo­lAudio2. Lo spiega il mana­ging director Claudio Ferran­te: «Da un controllo effettuato dai nostri avvocati è emerso che ‘Adriano’ è un marchio re­gistrato che non può essere usato in contesti musicali con riferimento diretto a Celenta­no. Curioso che il deposito ri­salga a tre mesi fa, tempo do­po i contatti fra i due. Aveva­mo il disco già pronto e abbia­mo dovuto rifare la registra­zione ».

Mogol e Celentano si cono­scono da decenni e negli anni 90 hanno costruito, assieme a Gianni Bella, quattro album che hanno lasciato il segno nelle classifiche: 4 milioni di copie vendute e successi come «L’emozione non ha voce». «Ci siamo aiutati vicendevol­mente. Lui ha dato ai miei la­vori un’interpretazione di pe­so e fascino. Per ora non abbia­mo altri progetti assieme, ma non serbo rancore e lo consi­dero ancora un amico». Lettera a parte non c’è stato nessun contatto. «Non sento il bisogno di parlargli — preci­sa l’autore —. Quello che dovevo dirgli è scritto nella canzone. Dove, non a caso, di­co ‘ma non riconosci la voce di un amico’. Avevo anche pensato di buttare via tutto, ma poi ho pensato che non c’era nessu­na offesa». Dal Celentano e dal Clan nessuna replica. Per Mogol il giudizio finale è nelle mani del pubblico: «Sarà la gente a valutare se sono stato affettuo­so o offensivo. Spero solo che Adriano non sia stato influen­zato da nessuno».

Andrea Laffranchi

11/04/2009 – Corriere della Sera

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