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La velocità degli sciacalli

Non esiste «disagio» per chi spara contro persone innocenti.
Ed è assurdo dire che Grillo possa generare violenza

Il disagio sociale non giustifica le pallottole esplose contro i due servitori dello Stato. Ed è meschino e IPOCRITA da parte di certa Stampa speculare su una tragedia, per farne un’arma contro l’avversario politico. L’uomo che ha sparato non è un folle, ma solo un esibizionista che voleva risolvere il suo disagio sociale con la violenza, prodotto soprattutto dal vizio del gioco d’azzardo, anziché rimboccarsi le maniche e ricominciare da capo.

Anche questo è un LAVORO. Ed è il più NOBILE dei lavori. Ma lui, il giocatore di biliardo, «bravo con la stecca» dicono, voleva essere bravo anche con la pistola. E così quattro anni fa ne ha comprata una per allenarsi. «Non si può mai sapere, c’è sempre qualcuno da uccidere». E l’ora più adatta per il grande debutto verso il baratro non poteva che essere nel giorno in cui si sarebbe dovuto festeggiare la nascita del nuovo governo. Quale momento migliore per passare alla storia in questa di vita in cui prima o poi, anche senza pallottole, dobbiamo morire tutti. E quanto ci costa questo atto «eroico» il cui potere di annientare vive solo il tempo di premere un grilletto?

È incredibile come l’uomo riesca a bruciare la propria vita in un tempo così fulmineo. Come è altrettanto incredibile la velocità di certi SCIACALLI nel gettare fango verso chi ha generato invidia per aver fatto una campagna elettorale senza soldi, in nome di un programma altamente democratico come quello del M5S, e che al contrario di chi li accusa, ha invece generato la speranza in un mondo tutt’altro che ostile e soprattutto: CONTRO ogni genere di violenza.

Bisogna essere cretini, ma cretini non lo sono, per non capire che i toni eccessivi di Grillo, che non sempre condivido, non possono e mai potranno generare violenza. Per il semplice fatto che quei toni sono parte integrante della sua sfera comica e suonano più che altro come un modo per spezzare la tensione nei suoi comizi. Per quanto mi riguarda e per come sono stato educato non c’è «disagio» che tenga per chi spara contro persone innocenti come al bravo carabiniere Giuseppe Giangrande, la cui unica colpa era quella di difendere la sacralità della VITA.

Di cui NESSUNO (a meno che non sia già morto) può essere escluso. Sia che si tratti di operai, politici, preti o imprenditori, poiché la vita è sacra, ed è sacra anche quella degli assassini. E i nostri carabinieri lo hanno dimostrato in modo eclatante, quando si sono trovati faccia a faccia con il maldestro giocatore di proiettili. Potevano ucciderlo e non l’hanno fatto. Perché il loro lavoro è uno solo: difendere la vita. Di chiunque sia. E, se devo dirla tutta, non ho rispetto neanche per coloro che in nome di un disagio sociale, se la tolgono la vita. È pura presunzione sopprimere un qualcosa di cui tu non sei il «Padrone».

Togliersi la vita vuol dire non avere il coraggio di combattere, non avere il coraggio di chiedere scusa se hai sbagliato, non avere il coraggio di pagare il tuo debito anche con la prigione, se hai sbagliato al punto di meritartela. Infine non avere il coraggio di ricominciare da capo e rifarti una vita per dimostrare a te stesso che non sei più quello di prima, ma sei un altro. Capace di vivere secondo le regole e i principi di una convivenza civile. Togliersi la vita vuol dire fregarsene di chi ti vive accanto, madri, moglie e figli. Mi fanno incazzare i «MORTI» che lasciano un biglietto alla famiglia: «Perdonatemi ma non ce la facevo più a stare senza un lavoro». In quel momento vorrei tanto parlare col morto e dirgli: «Ma tu per chi lavoravi quando non eri disoccupato? Lavoravi per il bene della tua famiglia e per lo scambio reciproco d’Amore fra te, tua moglie e i tuoi figli o lavoravi solo per te stesso? Perché se lavoravi per l’affetto che i tuoi nutrivano per te, uccidendoti è come se avessi ucciso anche loro senza una ragione. Proprio come ha fatto il giocatore di biliardo. E allora cosa devo pensare? Che a te non te n’é mai fregato niente della tua famiglia. Hai solo pensato a te stesso dando sfogo al tuo sfrenato egoismo».

Questo vorrei dire e tante altre cose vorrei dire a coloro che anche solo per un attimo sfiorano l’oscuro pensiero di suicidarsi, o peggio ancora di suicidare gli altri. L’altro ieri quando in televisione è apparsa la cara Martina e parlava del suo carabiniere preferito e di quanto è fiera di esserne la figlia, non sono riuscito a trattenere le lacrime. Le sue parole così struggenti su quel viso giovane e bello, devo dire, mi hanno fatto riflettere su tante cose. Mi domandavo se quelli che sparano e uccidono si siano mai commossi per qualche cosa.
Probabilmente no. Pregherò per il padre di Martina, che non rimanga paralizzato e guarisca presto. Una preghiera che sarebbe bello fare in tanti! Chissà, magari il miracolo è già avvenuto e noi non lo sappiamo…

Adriano Celentano

01/05/2013 – Corriere della Sera

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