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Grillo: “Macché eroe cerco solo di resistere”

Il comico sulla scelta di “Time” di inserirlo tra i magnifici europei
Il blog, la satira, gli americani, Berlusconi… e la televisione

“Celentano è un amico, ma non andrò al suo show”

''Time'' su Beppe Grillo

ROMA – Soltanto due italiani si sono meritati la classifica degli “eroi europei del 2005” su Time. Una è poco conosciuta, Silvana Fucito, imprenditrice napoletana che guida l’associazione contro il racket della camorra. L’altro è famosissimo, nonostante ormai decenni di oscuramento televisivo, Beppe Grillo.

Come si sente un eroe del nostro tempo?
“Benino, grazie. Oddio, di fronte al coraggio di una donna che si batte contro il pizzo dopo che la camorra le ha bruciato la fabbrica, il mio coraggio sparisce. Ma insomma, fa piacere e anche un pò di tenerezza”.

Tenerezza per chi?
“Per gli americani. Attraversano un momento difficile e parlano spesso di noi europei. Non si capisce più se siamo noi a seguire loro o il contrario”.

Gli americani di casa nostra, nella loro profonda intelligenza, saranno in lutto. Ma come, Time segnala proprio lei, un anti americano della prima ora, un no global avvelenato?
“Gli americani veri, per fortuna, conservano questa ingenuità. Sono sotto choc da tre anni, da quando Cnn venne a intervistarmi e io raccontai il crack Parmalat”.

E’ un paese che ha bisogno di eroi.
“Si sono scoperti più deboli con l’uragano, hanno chiesto aiuto. Non l’avevano mai fatto, neppure in guerra. Fidel Castro era gasatissimo, pronto a mandare legioni di medici, aspettava questo momento da quarant’anni”.

In comune con la signora Fucito avete il fatto che la televisione italiana vi ignora.
“Campo benissimo. Al principio mi hanno espulso ma ora sono io che non ci vado, le rare volte che me lo chiedono”.

Per esempio?
“L’ultima con Celentano. Adriano è un amico, gli voglio bene. Ma preferisco girare l’Italia con lo spettacolo e stare a casa davanti al computer”.

A proposito, come va il suo blog?
“Siamo al ventitreesimo posto nelle classifiche mondiali dei blog più frequentati. Ventitreesimo su diciotto milioni e mezzo di siti. L’unico italiano nei primi cento”.

Un successo impressionante, ancora più della classifica di Time. Come lo spiega?
“La gente si fida, tutto qui. Nella vita ho sempre tenuto a quella che una volta si chiamava reputazione. E poi la gente si fida di un comico perché non si fida più di politici, manager, scienziati, giornalisti. Sente che è tutto morto, finito, la politica, il giornalismo…”.

Non vorrei fare una difesa di categoria ma della morte del giornalismo si dibatte dalla fine del Settecento, molto prima di Internet, e di quella della politica da secoli.
“Questa però è una rivoluzione vera. Si saltano le mediazioni, si va alla fonte della notizia. Del resto, anche nei giornali che cosa fate? Se arriva lo tsunami o l’uragano su New Orleans, oppure scoppia una bomba a Bali, correte su Internet a informarvi”.

Certo, in Italia si fa di tutto per limitare la diffusione di Internet.
“Noi siamo ancora qui a parlare di digitale terrestre, una tecnologia defunta, per prendere per il culo i cittadini, scippare un pò di soldi alle famiglie”.

E devolvere i soldi destinati ai computer nelle scuole al finanziamento dei decoder prodotti da soci della famiglia Berlusconi.
“Raccontando balle gigantesche, tipo che se non hai il digitale non puoi vedere il calcio, quando basta collegarsi al sito giusto e ti vedi tutti i campionati del mondo. Gratis”.

Vogliamo dare l’indirizzo esatto?
“Si capisce: coolstreaming.it. Si paga soltanto la connessione, altro che digitale terrestre. Nel mio blog ci sono tutti gli indirizzi utili e legali per scaricare calcio, musica, cinema, buona informazione”.

Tutto senza pagare diritti d’autore a nessuno, lei compreso.
“Me compreso e ne sono contento”.

A parte questo, perché centomila persone al giorno visitano il suo blog?
“Facciamo mille cose. Le dico due o tre di queste settimane. Abbiamo bloccato la costruzione di un palazzo della Regione Lombardia al posto di un parco in via Melchiorre Gioia, dando voce a ventimila milanesi furiosi che non avevano mai avuto risposte dagli amministratori. Poi abbiamo comprato una pagina di Repubblica per la pubblicità: Fazio vattene”.

Circola anche un suo manifesto molto carino, con la scritta: Io voglio essere intercettato.
“Massì, nello scandalo gigantesco di Bankitalia, che ci ha coperto di ridicolo e discredito nel pianeta, l’unica risposta della politica è un decreto contro le intercettazioni. Ma non si vergognano proprio mai?”.

Aveva previsto anche lo scandalo Fazio?
“Sono dieci anni che ne parlo nei miei spettacoli. C’è ormai questo capitalismo senza capitali, queste grandi imprese di nome, come Telecom, Benetton, Fiat, che sono al settanta per cento in mano alle banche. E su tutto governa il totem di Bankitalia, intoccabile perché va bene a tutti, destra e sinistra. Altrimenti le pare che Fazio troverebbe il coraggio di non dimettersi?”.

Fazio sì che è un eroe dei nostri tempi. Si può fare altro con la rete, per esempio le primarie?
“Le stiamo già facendo. Ma sugli obiettivi, non sui nomi. Non c’è bisogno di leader ma di risultati. Il politico deve tornare a essere un dipendente dei cittadini. Quindi noi facciamo votare un programma energetico, per dire, e poi chiamiamo il politico e gli diciamo: ti diamo i soldi, l’obiettivo e un tempo per realizzarlo. Se non avrà raggiunto il risultato, verrà licenziato. Come si fa con i co. co. co.”.

Bella idea, ne ha parlato a D’Alema?
“Cosa vuole che parli con uno che fa lo speaker della vela e dichiara di detestare i computer”.

In un quadro pur fosco, non pensa che la fine del berlusconismo potrebbe recare un piccolo giovamento?
“Berlusconi è già finito, stracotto, siamo alle pacche sulle spalle, ormai parla soltanto di sé in terza persona”.

Forse anche lui vuol prendere le distanze.
“E’ finito e lascerà danni pesanti. Però non è tutta colpa sua. Berlusconi ci credeva, alla storia di un paese da gestire come un’azienda. Guardi, le stesse cose le diceva negli anni Venti e Trenta l’industriale Gillette, quello delle lame. S’era messo in testa il modello aziendale per la politica. E’ andato da Roosevelt che ancora camminava ed è stato cacciato a pedate. Poi è andato da Ford e quello l’ha buttato fuori. Tornato in Francia, l’hanno interdetto dall’azienda. Insomma hanno capito che si trattava di un disturbato mentale e hanno agito di conseguenza. Noi invece, eccoci qua”.

di Curzio Maltese

06/10/2005 – La Repubblica

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