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Firmano Celentano, Morandi e Pizzarotti l’appello di Repubblica tocca i 220 mila sì

Continuano ad arrivare adesioni illustri alla petizione per la legge anti-corruzione. Ma a firmare sono soprattutto tantissimi italiani che vogliono un Paese pulito

di TIZIANA TESTA

ROMA – Un doppio sì che arriva durante le prove di uno spettacolo. Adriano Celentano e Gianni Morandi rispondono all’appello di Repubblica da Verona, dove stanno lavorando al programma Rock economy. Tra una pausa e l’altra, continuano a informarsi sulla legge anticorruzione. Come i tantissimi italiani che aderiscono ogni giorno alla raccolta firme per chiedere al Parlamento di approvare le nuove norme.

Su Repubblica.it sono arrivati a quota 220mila. Dal mondo dello spettacolo, aggiunge il suo nome alla lista Gigi D’Alessio: “È un dovere aderire a un appello per una legge che dovrebbe già esistere”, scrive in un messaggio. Mentre al “partito” dei sindaci schierati a favore dell’iniziativa si unisce il primo cittadino di Parma, il grillino Federico Pizzarotti: “È una petizione giustissima”. È la prima firma di un esponente di primo piano del Movimento cinque stelle. “Noi – rivendica Pizzarotti – già cinque anni fa avevamo raccolto 350mila firme per un referendum su questo tema”.

La mobilitazione si allarga allo sport. Dopo Alex Zanardi, firma un altro personaggio amatissimo: Josefa Idem, la campionessa azzurra della canoa. “Non sono solo episodi – dice – la corruzione è un fenomeno che aggrava le difficoltà economiche del Paese”. Da Confindustria arriva l’adesione del presidente dei giovani imprenditori, Jacopo Morelli: “Sottoscrivo con decisione l’appello perché la legalità è la base su cui si costruisce lo sviluppo di un Paese e la politica deve decidere una volta per tutte se investire sulla crescita piuttosto che sulle ostriche”.

La filosofa Michela Marzano firma e si rivolge al governo, per chiedere “un gesto forte” sul disegno di legge: “Perché fino a quando non si metterà un freno a questa corruzione, si impedirà ai cittadini di ricostruire un legame di fiducia con le proprie istituzioni. Finché gli italiani continueranno a non credere ai propri responsabili politici ed economici, la situazione non potrà migliorare”.

04/10/2012 – La Repubblica

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