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C’era l’erba, c’è una città «Celentano? È sempre uno della via Gluck»

La sua vecchia casa di ringhiera è diventata un mondo multirazziale

«Là dove c’ era l’ erba ora c’ è una città/ E quella casa in mezzo al verde ormai dove sarà…», cantava Celentano nel ‘ 66 a Sanremo. Là dove c’ erano i prati ora ci sono strade, palazzi, negozi, e «quella casa» nella via Gluck è ancora lì. Via Gluck 14, un portone di legno consunto, invecchiato dagli anni. Dentro, il cortile con le cose di allora: la porta d’ ingresso dell’ abitazione al pianterreno di Adriano bambino, riverniciata di marrone, di fronte l’ uscio del gabinetto comune, quattro piani di ringhiera. Una casa dove oggi vivono otto-nove famiglie, in buona parte extracomunitari, cinesi, filippini, egiziani, originari del Bangladesh. Muri scrostati, pattumiere in fila, biciclette ammassate. Quanti anni luce sono passati? Adriano è nato qui, tra le mura domestiche, nel retro del negozio di sartoria che aveva la mamma, ultimo di cinque figli di Leontino e Giuditta, il 6 gennaio 1938, quando il cemento era ancora un tabù: «Erano tutti prati, da viale Lunigiana fino a Greco – sorride Maria, 85 anni, una delle sorelle -. C’ erano pochissime case e un luna park, in fondo a via Zuretti». Lo può ben dire, lei, che in via Zuretti ci vive ancora, circondata dalle foto di famiglia, oltre che dall’ affetto del figlio, Bruno Perini e del celebre fratello che ogni tanto la va a trovare. Ma chi non se lo ricorda Adriano bambino? Racconta Ginetta Scurati, 66 anni, amica d’ infanzia, che abita al terzo piano di via Gluck 14: «Era vivace, oh se era vivace, non gli stava dietro nessuno. Passava le giornate in strada a suonare la chitarra, a cantare e io che gli gridavo “Vieni in casa, smetti di fare il deficiente…”. Niente da fare: era più forte di lui. E sa una cosa? Un giorno andò dal parrucchiere in piazzetta per farsi i capelli come Elvis Presley». Così, cantando, suonando e imitando Jerry Lewis sui marciapiedi e nei campetti dei dintorni, il ragazzino Celentano divenne un punto di riferimento per i coetanei. Il Naviglio Martesana era ancora visibile e le bande di giovani si davano appuntamento al «castello incantato», un vecchissimo caseggiato tra la via Gluck e viale Lunigiana che oggi non esiste più. Aria di campagna, niente macchine, niente smog, solo i suoni di una falegnameria e le grida degli scavezzacollo che giocavano a darsi battaglia. Niente a che vedere con i rumori della città di oggi. La via, ora, ha poco del sapore di allora. Le antiche case popolari sono rimaste, ma molte sono state rimesse a posto, sopravvivono le persiane (ritinte in verde con i muri giallo-ocra, in marrone con i muri rosso scuro), qualche insegna antica, il resto è dato da testimonianze contemporanee: negozio di copie a colori, pony express, gelateria, botteghe di pelletteria. «Ce ne andammo da qui che Adriano aveva circa 8 anni per trasferirci dalla parte opposta della città, in via Cesare Correnti – racconta Maria -. Ma mio fratello non ne volle sapere di tagliare i ponti con la via Gluck, ogni giorno attraversava la città a piedi per andare a trovare gli amici suoi, quelli di sempre: si faceva anche sei-sette chilometri con le sue gambe». Andò avanti in questo modo anche quando, anni dopo, si mise a fare l’ arrotino, l’ idraulico, l’ orologiaio. Trascorse altro tempo e la famiglia tornò indietro, a essere precisi in via Zuretti 47: in questa casa sulla strada che scorre parallela alla via Gluck è nata l’ idea del clan Celentano. E sempre da queste parti passò un giorno Pier Paolo Pasolini. Andò a trovare Adriano, gli disse che aveva ascoltato la canzone «Il ragazzo della via Gluck» e che aveva deciso di farci un film con Celentano protagonista. Quando si salutarono, lo scrittore si raccomandò: «Se non ci riesco io, pensaci tu…». Non se ne fece niente, ma resta il ricordo indelebile di quella chiacchierata. LA SORELLA MARIA *** «Siamo andati via che Adriano aveva otto anni, ma lui si faceva persino sette chilometri a piedi per tornare qui» *** L’ AMICA GINETTA *** «Passava la giornata sui marciapiedi sempre con la chitarra in mano. E io a dirgli: vieni in casa, smetti di fare il deficiente»

De Micheli Benedetta

27/02/2007 – Corriere della Sera

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