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Cento anni molleggiati

di Simone Pieranni

Milano Che la festa cominci. Parole e musica di un vecchio cuore nerazzurro, Adriano Celentano. Il Molleggiato, basco marrone, sciapa ultrà e chitarra acustica, ha cantato con 60 mila persone Il ragazzo della Via Gluck. Poi ha ricevuto la maglia, direttamente da Moratti. Infine tutti di corsa verso la torta, in piazza del Duomo. L’agnello sacrificale – la Reggina – era già stato consumato in un boccone, anzi due. Il primo pasticcino è gentilmente offerto dall’arbitro Brighi. Presentarsi ad una festa senza regalo non è bello e allora il direttore di gara vede in area una caduta di Cambiasso, apparsa sospetta e fuori dai sedici metri: rigore, Ibra realizza, uno a zero. Il secondo sigillo della partita è di Burdisso: testata e gol. In mezzo un po’ di Reggina, un sempre sicuro Julio Cesar, folate nerazzurre. Poi, accademia, in attesa dei 200 campioni interisti invitati alla festa del Centenario. Ibra, al rientro, giganteggia in attesa di dimostrare il pelo contro avversari e situazioni di maggiore tensione, leggi martedì prossimo contro il Liverpool. Il pubblico si esalta ad ogni cavalcata di Zanetti, ai tocchi vellutati di Figo, all’energia di Cambiasso, ai piedoni di Materazzi. Pubblico delle grandi occasioni, si dice così. C’è da festeggiare cent’anni di pazzie, grandi estri, campioni, aneddoti, capri espiatori, successi e sguardi al futuro. Sofferenza, tanta, espiata con qualche favore arbitrale, giustificato da anni di sfighe. Almeno per gli interisti.
La Milano nerazzurra dunque, si stringe intorno a squadra, staff tecnico e dirigenza: c’è da celebrare, ma anche da macumbare la vera traiettoria che conta, in grado di determinare il valore di un’intera stagione («di un centenario», affermano gli impavidi): martedì arriva il Liverpool e l’aria sarà diversa. Pessimismo e ottimismo a mischiarsi nel consueto bailamme interista, stretto tra bauscismo doc e terrore di cadere a un passo dalla storia, perché è già successo. Si rievocano gli antenati. Il centenario e le sue storiche avventure sembrano il viatico migliore alla sfida di Champions League. Solo l’impresa contro i reds imprimerà nella memoria nerazzurra un centenario festeggiato dignitosamente e con un successo sportivo degno di nota.
Moratti, in tribuna, esulta, mentre i suoi uomini di marketing lanciano i cent’anni interisti sul mercato cinese (6 mila taxi a Shanghai suonano il ritornello dell’inno con un messaggio in cinese, direttamente dal patron). Solitamente pacato, il presidentissimo interista si è lasciato andare a dichiarazioni che hanno creato una piccola diatriba diplomatica con i cugini rossoneri. «Siamo noi Milano», «No siamo noi». I soliti ben informati hanno infine dichiarata chiusa anche la polemica: Galliani e Moratti si sono telefonati e tutto è a posto. Insomma, una piccola guerra mediatica, giusto per rendere più sfizioso un evento, il centenario, arricchito di gadgets, inserti, ricordi, parole, formazioni storiche, top 11, ricordi di bambino in un San Siro, da sempre Scala del calcio. Le emozioni che solo il calcio, di qualunque colore, può regalare. Inserite in dvd, riviste, allegati, album. Come potesse comprarsi e vendersi, la memoria. Rimangono le frasi celebri e l’evocazione di quel 9 marzo 1908, quando un gruppo di dissidenti milanisti fonda l’Internazionale («perché siamo italiani e stranieri, fratelli del mondo», a giustificare, ancora oggi, una rosa priva di tanti italiani). Nero e azzurro, con sfondo oro, «il colore delle stelle», la prima divisa.
Ieri d’oro, nella maglia interista, erano lo sponsor tecnico e lo sponsor ufficiale, Nike e Pirelli. Una staffetta, realista e poco onirica, dei sogni di un tempo, con i soldi di oggi. Sono pur sempre cent’anni. Un’età in cui – nel calcio – si può ancora sognare.

09/03/2008 – il Manifesto

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