Celentano, Jannacci: 50 anni di rock italiano
L’evento porta la data del 18 maggio 1957. Il Palaghiaccio di via Piranesi è affollato di adolescenti in jeans con i capelli scolpiti dal gel
di Francesca Belotti e Gian Luca Margheriti
Si esibisce nei bar, nei locali alla moda, in spiaggia e non disdegna nemmeno le latterie. Canta «Only you» e «See you later alligator», incurante della censura che si concentra invece sulla radio. È il juke boxe, o swinging tower, la torre urlante come la chiama qualcuno, portatrice di quel «gene del male» che genitori preoccupati e certa carta stampata identificano nel rock’n’roll. Basta una moneta e i Platters, Little Richard, Bill Haley e Elvis diventano realtà, almeno sonora, anche per i teenager italiani, sempre più affezionati al genere made in Usa. Le risposte nostrane non tardano ad arrivare e passano, almeno inizialmente, per i cosiddetti urlatori melodici: da Tony Dallara, a Betty Curtis e Joe Sentieri.
ROCK BOYS – Ma «l’evento» è ancora là da venire e porta la data del 18 maggio 1957. Il Palaghiaccio di via Piranesi a Milano è affollato di adolescenti in blue jeans con i capelli scolpiti dal gel, pronti a celebrare il primo festival italiano del rock and roll. Sul palco salgono cinque ragazzi sconosciuti ai più: sono i Rock Boys, alias Adriano Celentano (la voce), Enzo Jannacci alla chitarra e i tre fratelli Ratti. Partono le note di «Ciao ti dirò», partono le movenze alla Jerry Lewis del cantante e partono gli applausi del pubblico. La versione di «Ciao ti dirò» portata sul palco dai Rock Boys conquista gli spettatori più di quella presentata, quella stessa sera, dal giovane ragioniere triestino Giorgio Gabershick (in arte Giorgio Gaber), e, neanche a dirlo, sono loro ad essere incoronati vincitori indiscussi della serata, terminata con lanci di sedie da parte di un pubblico desideroso di «rompere» con il passato, e a guadagnarsi il titolo di re del del rock’n’roll è il diciannovenne Celentano.
VIA GLUCK – La canzone sarà pubblicata due anni più tardi dal «molleggiato», che nell’attesa non perde tempo: in prima fila al Palaghiaggio, infatti, era seduto il discografico tedesco Walter Gürtler (lo stesso che lanciò gli urlatori), a cui non sfugge il talento di Celentano, decidendo di portarlo in sala di registrazione per incidere brani delle più note star americane. 2223 è il numero di serie del primo disco dell’orologiaio di origine pugliese nato e cresciuto in via Gluck, che guarda con curiosità e interesse alle canzoni d’oltreoceano, cercando di memorizzarne i suoni e di farsi tradurre le parole, non avendo familiarità con l’inglese. «Io l’inglese non lo so neppure ora: prima di imparare una canzone me la faccio tradurre. Ma quello che contava era il ritmo, e il ritmo l’avevo afferrato», confiderà a Sorrisi e Canzoni in un’intervista del 1959. Parole sante, tanto che lo stesso Jannacci ammette: «Lo consideravo un personaggio interessante, perché pur non conoscendo ancora bene l’inglese cantava in uno slang americano perfetto».
WHISKY AND SODA – Complici le pellicole hollywoodiane, i ragazzi italiani ordinano Coca cola e, qualche volta, osano con un whisky and soda, scimmiottando gli atteggiamenti da duri di James Dean (morto mentre correva sulla sua Porsche il 30 settembre 1955), e Marlon Brando, sostituendo il sì con un più modaiolo ok. Ascoltano la trasmissione radiofonica «Il discobolo», una delle poche che passa i pezzi dei nascenti miti del rock’n’roll americani e guardano «Il musichiere», un programma televisivo che accende i riflettori sugli urlatori e su personaggi come Fred Buscaglione e Peppino di Capri. Ma è Celentano ad accendere di nuovo gli spiriti nell’estate del 1958, con «Il tuo bacio è come un rock», mentre nel ’59, da vero ribelle, esordisce al Festival di Sanremo dando le spalle al pubblico prima di scatenarsi al ritmo di «Ventiquattromila baci». E qualcuno gli fa il verso, dedicandogli la canzone «Tu vuò fa l’americano», firmata da Renato Carosone, che racconta di un ragazzo che si atteggia a duro, balla il rock’n’roll, gioca a baseball, ma corre da mammà a chiedere i soldi per comprare le sigarette. E per le strade molti la canticchiano, ma poi tornano ad ascoltare il rock, quello di Elvis e quello del molleggiato.
Le citazioni sono tratte da «Adriano Celentano 1957-2007: cinquant’anni da ribelle», di Sergio Cotti.
22/05/2007 – Corriere della Sera