’68, “Azzurro” di Celentano il 45 giri più venduto
Se pensate che le classifiche musicali del 1968 abbiano risentito del vento della contestazione sociale e politica del Sessantotto, siete lontanissimi dalla realtà. In quell’anno di università e scuole occupate, di cortei nelle strade e nelle piazze, slogan gridati e scontri con la polizia, proteste nelle fabbriche, grandi sommovimenti internazionali, il 45 giri più venduto in Italia è stato “Azzurro”, la canzone di Paolo Conte portata al successo da Adriano Celentano, nella quale il protagonista, rimasto solo in città perchè la ragazza è partita in vacanza, cerca “un po’ d’Africa in giardino tra l’oleandro e il baobab” ricordando i tempi dell’oratorio.
Al secondo posto dell’Hit Parade di quell’anno c’è “La Bambola” di Patty Pravo, nella quale solo con molto sforzo e molta buona volontà si può intravedere qualche timido spunto di femminismo nelle parole “no, ragazzo no, tu non mi metterai tra le dieci bambole che non ti piacciono più”. Al terzo posto “La nostra favola”, cover italiana, cantata da Jimmy Fontana, della “Delilah” di Tom Jones. Nulla anche nelle posizioni successive, dove troviamo canzoni leggere e totalmente dismpegnate come “La tramontana” di Antoine, “Luglio” di Riccardo Del Turco, “Ho scritto t’amo sulla sabbia” di Franco IV e Franco I, “Simon says”, l’immancabile ballo dell’estate cantato dal gruppo “1910 Fruitgum co.”. Anche i flebili accenni al problema del razzismo presenti nella canzone “Angeli negri”, portata da Fausto Leali ai primi posti della classifica, sono in realtà piagnucolosi e molto più antichi, perchè la canzone è una cover di “Angelitos negros”, vecchissima canzone cubana, conosciuta soprattutto nella versione di Marino Barreto jr. e già cantata in italiano, all’inizio degli Anni Cinquanta, da Luciano Tajoli. In realtà qualche segnale di novità c’era, ma bisogna cercarlo nella classifica degli album e non in quella dei 45 giri. Infatti, in testa alla Hit Parade dei 33 giri troviamo un disco difficile come “Tutti morimmo a stento” di Fabrizio De André, un “concept album” sul tema della droga e del disagio, seguito da un altro album dello stesso grande cantautore genovese, che conteneva bellissime canzoni come “Preghiera in gennaio” (sul suicidio), “Si chiamava Gesù” (lettura laica, ma ammirata del personaggio Gesù), l’indimenticabile “Via del Campo” con la sua prostituta bambina, la “Bocca di rosa” che “lo faceva per piacere”, la burlesca “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers” scritta insieme ad un giovane Paolo Villaggio. Evidentemente le tensioni che stavano nascendo si potevano esprimere meglio in un album che in singolo 45 giri.
02/02/2008 – Ansa