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Le Iene censurate rischio per la democrazia

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il Garante per la Privacy blocca la messa inonda della trasmissione nella quale si dimostrava che più del 30% dei parlamentari fa uso di droghe, leggere o pesanti. Ecco perché il diritto di cronaca è calpestato.

di Laura Ripani

Non piace questa decisione dell’Autorità Garante per la Privacy. Con tutto il rispetto per un organo indipendente, vietare la pubblicazione degli esiti di una inchiesta che dimostra come un parlamentare su tre faccia uso di droghe (leggere o pesanti) sa molto di censura preventiva. Partiamo, quindi, proprio dall’articolo 21 della Costituzione, laddove si dichiara esplicitamente che la stampa “non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. L’unico limite posto dalla legge è il buon costume e, implicitamente, si aggiungono altri due motivi per i quali l’autorità giudiziaria, e solo quella, può intervenire con il blocco della pubblicazione, entro 24 ore. Vale a dire il plagio di un’altra opera e l’apologia di fascismo. Non è certo questo il caso. Qui, infatti, siamo nel campo di un’inchiesta di carattere giornalistico. Riprenderemo in calce se questa può essere considerata tale. Ma resta il fatto che i metodi usati sono utili ad ottenere l’obiettivo che è superiore ad ogni altro: l’accertamento della verità. La legge istitutiva di questa professione sostiene che, per ottenere una notizia, occorre usare lealtà. Insomma, non ci si può fingere chi non si è. Ma concede anche il diritto al giornalista, che altrimenti perderebbe il servizio, di utilizzare metodi necessari. In caso di interesse pubblico, ed è questo il caso, di verità della notizia, il test effettuato è giudicato attendibile e di continenza nell’espressione, i politici coinvolti non sono neppure riconoscibili, è invocabile quella che i giuristi chiamano la “scriminante del diritto di cronaca”. E’ il non esercitare il proprio diritto ad informare, mai esercitarlo, che può recare un danno alla democrazia. E questo principio è riconosciuto da decine di sentenze della Cassazione. Veniamo, quindi, al diritto alla privacy. Ne beneficiano tutti i cittadini. Esiste, però, un protocollo firmato dall’Ordine dei Giornalisti ed allegato alla legge stessa, quindi fonte giuridica, che concede a chi fa questa professione, di avere un regime speciale. Proprio in presenza dei tre criteri sopra elencati (verità, pertinenza e continenza), la legge in questione aggiunge essenzialità dell’informazione, e, soprattutto, se il personaggio è pubblico, il cronista ha diritto di svolgere il suo lavoro. Si chiama tutela attenuata per chi ha scelto liberamente di svolgere la sua personalità in pubblico accettando oneri ed onori, come è nel caso di chi ha un mandato parlamentare. Insomma, comunque la si giri, questa vicenda va ad intaccare il diritto dei cittadini ad essere informati e quel sacrosanto principio democratico di poter vigilare sul comportamento degli eletti. Non è un caso se i due siti Corriere.it e Repubblica.it hanno avuto oltre 15 mila contatti ognuno. L’esito è stato che all’operato del Garante il 92% dei cittadini è contrario. Arriviamo, infine, alla questione delicata. Le Iene sono giornalisti? Possono, costoro, invocare tutte le tutele sopra descritte? La considerazione è amara nel giorno dei funerali di Anna, una giornalista coraggiosa che è stata uccisa, in Russia, per aver fatto inchieste scomode. Triste quel paese che deve affidare a trasmissioni satiriche i propri diritti costituzionali così come fu permesso a uno straordinario cantante come Celentano di difendere la libertà.

10/10/2006 – IlQuotidiano.it

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