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Sermoni e silezi: all’aperto si perde l’effetto metafisico…

di Aldo Grasso

Dopo «Rockpolitik» ecco «RockEconomy», lo show della crisi, la canzone nell’era Monti. Nel tempio dell’opera lirica per turisti, Adriano Celentano esordisce con l’eterna «Svalutation». E poi via al revivalismo più spinto: per dire, c’erano ancora le lucciole quando usciva «Si è spento il sole». E poi ancora Jovanotti e Fossati, ma solo con «Pregherò» (cover parrocchiale di «Stand by me») ci mette il cuore.

La rivoluzione di iTunes e la pirateria non solo hanno rivoltato come un guanto l’industria discografica, ma hanno anche costretto monumenti come Celentano a scendere dal cavallo di bronzo e a misurarsi di nuovo con i concerti dal vivo, 18 anni dopo. Con lo stesso Clan di Sanremo, ormai esonerato dal festival: Gianmarco Mazzi, Lucio Presta, Gianni Morandi. Celentano ha però bisogno del pubblico generalista della tv: l’ideale, per età e nostalgia, sarebbe stato quello di Raiuno, ma dopo il diniego di Viale Mazzini è subentrata Mediaset, che pur di avere il Molleggiato sopporta persino i sermoni sulla decrescita.

Niente da fare: la crescita non gli va proprio giù, sembra il meteorologo di Fazio. Però s’interrompe perché forse il gobbo non funziona e addio predicozzo. Il live porta inevitabilmente a qualche errore e sbavatura (così difficile una dedica a Gianni Bella?), che sembrano persino sceneggiati apposta, in uno spettacolo di coreografie con decine di coristi e figuranti, a richiamare quei mutismi e quelle lunghe pause (se potesse il marketing Mediaset le riempirebbe con decine di spot) che un’apertura affidata alla sola musica rischiava di trascurare.

Anche questo può essere rassicurante, in qualche modo: è sempre lui. Bravo a cantare, meno a sermoneggiare. Sovrumani silenzi e profondissima quiete, al solito, ma con il pubblico vociante e urlante dell’Arena sono decisamente meno solenni e maestosi che nel chiuso di uno studio tv… E l’effetto metafisico si perde. Lo spettacolo tv, pur estremamente curato, non si stacca più di tanto dai canoni del concerto ripreso per il piccolo schermo (o per un dvd): i primi piani intensi, il palco, le riprese dall’alto sul pubblico, i vip (o presunti tali) che ascoltano il concerto, lo sguardo d’insieme sull’Arena.

Se non fosse per la grande scenografia, a metà fra Hugo Cabret e Lady Gaga, lo scrittoio e altri innesti che richiamano le serate Rai, sembrerebbe quasi la finale del mai troppo rimpianto Festivalbar. Dopo lunghe pause e «Il ragazzo della via Gluck», quattro amici al bar (che volevano cambiare il mondo, secondo Gino Paoli) commentano l’economia mondiale. Ma fare una domanda a Jean-Paul Fitoussi è tanto complicato? E perché l’economista francese sembra uno di «Pomeriggio Cinque»? Mah. Era così noioso che il pubblico ha cominciato a infastidirsi. Canta, Adriano, canta!

09/10/2012 – Corriere della Sera

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