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“Ciao ragazzi ciao” – Quella canzone è una lezione di vita

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Uno spontaneo desiderio di donare

In un tempo di apatia e di trasgressività giovanile ho ripensato ad un testo e alla musica di una delle tante belle canzoni di Adriano Celentano, che pur datato, riascoltandolo ci apre alla riscoperta del dialogo intergenerazionale tra adulti e giovani. La canzone del 1964, “Ciao Ragazzi ciao”, è un emblematico appello a trasmettere il significato di un’esistenza umana che si dipana in un movimento contrastante tra le scelte di amore fraterno oppure di indifferenza individualistica. “Ciao ragazzi ciao”, è il saluto di chi viene verso di te, senza calcoli e senza attese. E’ uno spontaneo desiderio di dono. Ti reco la mia volontà di stare e dialogare con voi. Ma perché ho voglia di recarvi la mia voce di speranza? Semplicemente, canta Celentano, “perché non ridete più/ (e) ora sono qui con voi” allo scopo di incontrarvi, di portarvi il mio vissuto e non di rifiutarvi. Il testo di Celentano è pervaso dal saluto (ciao) dell’adulto che non ha la pretesa di uno sterile paternalismo culturale, ma al contrario è una proposta di offerta e di condivisione del vostro disagio interiore. Il sentimento espresso dalla melodia del canto – quasi fosse un manifesto sociale -, esplode nella ricerca di coesione che diventa comunità tra chi conosce e chi la vita inizia ad affrontarla vivendo. E allora, il messaggio diviene progetto: “voglio dirvi che/ che vorrei per me grandi braccia perché/ finalmente potrei abbracciare tutti voi …”. Le braccia universali di un padre, sono il simbolo dell’amore che non separa i suoi figli, lasciandoli orfani, ma li desidera stringere a sé in un amplesso di totale abnegazione affinché tutti insieme sappiamo rendere più umana la vita terrena. La canzone porta alla comprensione del dono disinteressato del padre che consiste nel dire che gli uomini sono nel mondo, accomunati da un eterno disegno di amore. Questa realtà, si manifesta nell’annunciare ai ragazzi la gratuità della salvezza dagli affanni e sofferenze che li affliggono e che rischiano di condurli alla perdita di una visione trascendentale dell’esistenza. Celentano canta così: “voi sapete che/ che nel mondo c’è/ c’è chi prega per noi/ non piangete perché/ c’è chi veglia su di noi …”. E dice: “ciao/ amici miei/ e voi con me/ direte ciao/ amici miei/ direte ciao …”. Dall'”io”, si passa al “noi”. Perché? Perché vi è un Padre di misericordia che sta nei cieli e che prega per noi, e mentre dormiamo veglia accanto a noi. E’ un Padre che genera continuamente lo spirito di pace interiore ai figli che forse si scordano del suo amorevole silenzio. Questo Padre, altissimo e sconosciuto che si identifica nella paternità terrena, è proteso incessantemente verso tutti i ragazzi e li saluta con il suo “ciao” (dice ciao) e quando essi lo riconoscono, egli li abbraccia e divengono tutti “voi con me” nella accoglienza soprannaturale chiamandoli “amici”. Nel Vangelo è Cristo, Figlio dello stesso Padre che dice ai suoi discepoli: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi …” (Vangelo di Giovanni, 15,12-16). Ciao ragazzi, ciao: adesso anche voi siete liberi di rispondermi “ciao” perché insieme siamo fatti per l’eternità veri amici in una reciproca generatività di amore. I padri amano i figli e pregano per essi e i figli riconoscono di essere al mondo persone amate e per questo Celentano invita a cantare insieme in una comunione di voci, la nuova armonia fusa nella solidarietà del cuore. “La mia voce sarà/ mille voci perché/ voi cantate insieme a me …”. Si passa così dall’io, al voi e dal voi al noi; dal singolare al plurale, in quanto il “mio io d’amore” non è ricerca di un egocentrico benessere individuale, ma ha invece necessità di espandersi e contagiare i più deboli come i giovani che così avvertono l’importanza di una cultura rivoluzionaria, fondata sulla universalità (oggi globalizzazione) del dialogo costruttivo tra le generazioni. Se i ragazzi “piangono” nel mondo devono sapere che c’è chi non ha perso gli slanci di pura umanità che possono trovare, se saranno capaci di liberarsi dalla integrazione con la società individualista e consumista del tempo presente. E se i ragazzi trovano le porte chiuse dei “grandi”, allora dovrebbero mettersi insieme e urlare che oltre all’ingiustizia che essi subiscono in un’atmosfera di falso perbenismo, ipocrisia, e indifferenza, generate dalle “persone adulte”, devono essere coraggiosi e buttarsi “ad abbracciarli” per cambiare la loro infelice identità di continuare a trascinare la vita in un deserto privo d’amore! E Adriano Celentano dovrà, allora, incoraggiare i ragazzi con un’altra canzone: “Conto su di te/ perché vinca la vita …” e poi ribadire ancora ai giovani: “Conta su di me/ per sbagliare ed amare/ Conta su di me”/ come io conto su di te …”. Non abbiate paura “ragazzi di strada” e “ragazzi di vita”, sappiate che possiamo tutti essere “ragazzi dell’amore”, sempre ed in ogni parte dell’oscuro mondo che non è detto si possa illuminare dentro un abbraccio di fraterna umanità!
E allora non vi saranno più padri –padroni o peggio padri che uccidono i figli e viceversa… E per questo cantiamo insieme Ciao ragazzi ciao e con tutti noi e voi c’è anche Celentano…

di Giuseppe Strazzi

11/03/2016 – La Prealpina di Varese

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