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Celentano, il disco più politico 2011. Con Jovanotti, Battiato, Manu Chao

Copertina di 'Facciamo finta che sia vero'

di Marinella Venegoni

Diavolo d’un Celentano, è suo il disco più politico di questo anno che sta morendo annegato in canzoni di amori che finiscono male. «Facciamo finta che sia vero», che esce il 29 novembre, è un fuoco di fila su temi che riguardano tutti noi, cittadini del mondo e dell’Italia; è come se Adriano rubasse dalle nostre menti e dalle chiacchiere le grandi domande quotidiane che ci inquietano quando guardiamo i Tg; è come se desse voce alle risposte meste, o sardoniche, che frullano le nostre conversazioni. E’ come se amplificasse in ritmo un pensiero collettivo e la visione di un’epoca fra le più buie della nostra storia.

Ma «Facciamo finta che sia vero» non è un album noioso, tutt’altro. E’ anzi il più riuscito e vivace degli ultimi anni, anche nelle musiche e nei suoni assai contemporanei; con una dimensione da concept e una freschezza che fa da contraltare alla corposità dei contenuti. Il talento di interprete del Molleggiato esce rivitalizzato dall’incontro con gli autori (e spesso con le loro voci), scelti fra i più qualificati e credibili di varie generazioni. L’epoca dei suoi lavori con Mogol e Gianni Bella sembra appartenere a un lontano passato, oggi il Celentano degli spettacoli televisivi moraleggianti, ormai lontano dalla tv, ha trovato spazio sul fronte musicale.

Jovanotti finisce per apparire, qui, come una sorta di alter ego, confermando un’affinità storica con il Molleggiato; suo il testo di «Fuoco nel vento», dove si canta di «ciarlatani ed impostori/spacciatori di realtà», e di «Preti che gestiscono segreti/Che hanno messo sotto i piedi/Ogni eterna verità». E’ sempre sua «La cumbia di chi cambia», un cimento vocale per Adriano, con la musica trascinante che ingloba concetti come «I funzionari dello stato italiano/Si lascian spesso prendere la mano… Capita spesso che li trovi a rubare…». Sembra di leggere in rima i quotidiani di questi giorni.

Ma c’è pure una ispirata new entry nel mondo celentanesco, Franco Battiato, che con il falsetto e dopo la sua spietata fotografia della «Povera Patria», ritorna con la stessa ispirazione nel pezzo che dà il titolo al disco: musica di Piovani, testo suo e di Sgalambro che dice «Siamo nelle mani del peggiore stile di vita/Nelle mani di insensati governanti…»: cronache dell’altro ieri, ancora merce palpitante in un duetto quanto meno stravagante con il padrone di casa.

L’inconfondibile musica dondolante di Manu Chao diventa poi lo sfondo di una inquietudine corale palpabile, con le voci degli stessi Jovanotti e Battiato, e di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, che si confondono in un testo celentanesco dove si canta l’impotenza collettiva di fronte alla società che ripete i propri errori: «Il problema è la radio, questa radio che non smette e che continua a dirci le stesse cose da tanti anni», si riflette in «Non so più cosa fare».

Celentano compirà il 6 gennaio 74 anni. Più di Mick Jagger, più di McCartney, rispetto ai quali, nel nostro piccolo d’Italia, si è speso con più parsimonia e a largo raggio, continuando a cercare con spirito indomito una strada espressiva adatta ai tempi e che gli somigliasse fino in fondo. L’ha trovata, anche, andando indietro. Perché nell’album svetta il gran finale «Il Mutuo», musica e testo dello stesso Adriano: è un autentico «Mondo in mi7» del Terzo Millennio, ispirato e visionario, un’ode dolorosa e rabbiosa che riprende, attualizzandoli, i temi da sempre cari al Molleggiato; come una scaletta di programma televisivo che potrebbe nascere. Inglese maccheronico come interludio, e consigli («Diffida di chi ti vuole vendere/specie quando ti dicono:/non importa se ora non paghi…»), sogni urbanistici («Quartieri e piccoli artigiani/su per gli antichi selciati..»), ecologia («Il seme di ogni forma di vita/lontano da quei loculi quadrati di cemento»), invettive («La solitudine dell’uomo/vive nel marcio/di quelle bustarelle comunali..»), perfino un inno alla decrescita («L’unica via contro lo spread»).

E’ una settimana di fuoco, questa, per la serie A della musica popolare che si candida alle vendite natalizie. Dopo Mina, Ligabue, il libro di Vasco, Tiziano Ferro, fra poco Venditti, Adriano Celentano entra di prepotenza fra i candidati alla hitparade, e promette interventi tv per annunciare il ritorno discografico: il segreto è di rigore, ma sarà obbligatorio Fazio. Claudia Mori, la moglie di Adriano, la cui voce è ben riconoscibile nei cori, racconta di un lavoro messo su con abbastanza velocità, in sei mesi: «La bravura di Adriano, come dice Paolo Conte, è stata di far capire il senso del ragionamento del testo che sta cantando». Questa volta, più del solito. Possibilità di rivedere Celentano in tv, promozione a parte? «Non ce n’è, non gliela fanno fare, la tv. Sì è vero, l’aria è cambiata: ma da pochi minuti. E’ quel cambio d’aria che non si sa se arrivi fino alla Rai».

25/11/2011 – La Stampa

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