Buon compleanno Celentano
settant’anni a suon di rock
Intervista esclusiva al grande cantante e showman, dopo mezzo secolo fra musica e tv
“Combatto con la musica dalla parte degli operai, sono il vero motore del mondo”
di GINO CASTALDO
ROMA – Celentano esce di rado e parla ancora meno. Ma quando succede, un immancabile fremito di suspense contagia il mondo dell’informazione. Dall’eremo possono arrivare apologetiche pillole di saggezza, o magari semplici canzoni d’amore, oppure uno scarto d’anca, un attacco a politici, architetti, miscredenti, un inno alla foca, chissà. Il ragazzo della via Gluck, che si picca di essere soprattutto un uomo libero, si appresta a celebrare il 6 gennaio, nel giorno della Befana, il suo settantesimo compleanno. È una ricorrenza sontuosa, che merita una riflessione, anche perché non sono solo settant’anni di vita. Dentro ce ne sono almeno cinquanta di musica e spettacolo.
Celentano, dica la verità, quando ripensa a se stesso all’età di vent’anni, quando si scalmanava e urlava il rock’n’roll, prova tenerezza o altro?
“Quando mi capita di vedere certi filmati di quando ero giovane, ancora in bianco e nero, mi guardo e dico: “Ca… o com’ero bello… com’è che non mi sono mai accorto?”. La cosa che più mi stupisce è che a 70 anni pensi di aver raggiunto una certa maturità, poi invece quando vedo le cose di 30, 40 anni fa scopro che faccio molte più ca… te adesso. E allora mi guardo un po’ incuriosito ma soprattutto divertito e guardo quel tipo nel monitor come uno che ho appena conosciuto. Lo guardo e dico: “ehi, non montarti la testa, sì è vero, tu sei un po’ più avanti, ma ancora per poco: il prossimo spettacolo che farò in televisione sarà sconvolgente!””.
Bell’auspicio. Ma se lo ricorda come è cominciato tutto?
“Sì certo, e bisogna anche precisare delle cose. Era il 18 maggio del 1957, quando Bruno Dossena, campione del mondo di boogie woogie, organizzò il primo festival europeo del rock al Palazzo del Ghiaccio di Milano. Mi aveva sentito cantare al Tecla e volle a tutti i costi che io partecipassi, visto che tra tante orchestre che vi partecipavano, io ero l’unico cantante rock. Però io ho pensato: ma io con quale orchestra canto? E allora non sapendo cosa fare, anch’io misi insieme un gruppo: basso, batteria e chitarra erano i fratelli Ratti, tre strepitosi musicisti con cui avevo subito legato. Però ci mancava un pianista e uno dei fratelli mi parlò di un certo Enzo Jannacci che io chiamai immediatamente, era fortissimo, e poi aveva quella tipica follia che hanno i medici quando sbagliano le operazioni. Ancora adesso è così, eh?, ma allora era perfetto. Jannacci portò un sassofonista e così si era completato il gruppo dei “folli”. E non è vero che parteciparono anche Gaber e Tenco, come dice qualche male informato. Gaber io lo conobbi soltanto un anno dopo e Tenco addirittura tre anni dopo. E non è neanche vero che io quella sera cantai Ciao ti dirò, quella canzone ancora non esisteva. Anche il medico, che ha fatto delle dichiarazioni proprio a Repubblica, confonde il festival del rock del 18 maggio 1957, con il festival del jukebox, di tre anni dopo, organizzato da Nanni Ricordi. Jannacci, certe volte ci devi andare tu dal dottore…”.
E che successe? E’ stata davvero la nascita del rock’n’roll in Italia?
“La serata fu esplosiva, e non soltanto dentro il Palazzo del Ghiaccio, soprattutto fuori, perché ci furono dei disordini, nei quali fu coinvolta un’intera processione che seguiva il carro della Madonna, guidata da uno che doveva essere per forza un predestinato, un certo Montini che più tardi infatti diventò Papa, ma quella sera purtroppo rimase solo. I fedeli abbandonarono lui e il carro per accorrere al palazzo del Ghiaccio. E quello fu il primo scandalo della musica rock”.
E che voleva dire essere rock?
“Quella sera c’era anche, come seconda chitarra, Ico Cerutti, un grande, un mio amico fraterno scomparso circa dieci anni fa. Lui era quello più rock di tutti e infatti è a lui che mi rivolgo quando nella canzone Mondo in Mi7, dopo un elenco ci cose che avrei letto sul giornale mi fermo e dico: “No, ragazzi, non rattristatevi così. Ico, perché piangi?”. Era lui, e insieme avevamo fatto il Clan. Quella era una storia rock”.
Pensando alla sua carriera, anche se canta tante canzoni melodiche, sembra che lo spirito sia sempre quello del rock. Anche questo potrebbe sembrare strano a 70 anni. O no?
“Direi che la mia anima è esclusivamente rock. Perché a differenza di chi sostiene che il rock è una musica diabolica, penso invece che sia libertà, voglia di giocare, di stare insieme, ridere e scherzare e alzare la voce in modo giocoso anche quando si parla di cose serie. Una musica, quindi, di aggregazione che riunisce in un solo gregge i popoli di qualunque razza. Naturalmente non mancano, come in tutte le cose, quelli che speculano sull’ingenuità di questo ritmo per lanciare messaggi di guerra. Come accade in certe zone dell’Africa, dove la bellezza dell’anima ormai spenta, arriva al punto di mettere un mitragliatrice nelle mani ingenue di un bambino di 8 o 9 anni”.
Tempo fa osservammo che in lei convivevano due anime contrastanti, una più rivoluzionaria, ribelle, e un’altra più tradizionalista, conservatrice. Allora disse che si riconosceva abbastanza in questa definizione. E’ ancora così?
“Credo di sì. Mi ribello a coloro che per soddisfare i propri interessi, ci portano via i giochi, senza minimamente pensare alle conseguenze. Mi ribello alla politica, tutta. Nessun colore escluso. comunisti, democristiani, tanto per citare i più responsabili, i quali non hanno fatto niente per fermare l’assalto dei distruttori “edili” capitanato dai comuni. Mi ribello alla povera gente che pur di avere un tetto, accetta di vivere in quelle scatole tombali dove lo sguardo di ciò che li circonda affonda nel nulla. Mi ribello a coloro i quali credono che essere moderni, voglia dire cancellare in un sol fascio tutto ciò che è stato. Come dire che se abito al sesto piano di un palazzo, non me ne frega niente se dal quinto piano in giù lo radono al suolo. Si trova sempre il modo di scendere: l’importante è saltare un paio di metri prima che il sesto piano si schianti a terra. Insomma mi ribello contro chi non tiene conto di ciò che siamo e da dove veniamo. Perché nessuno è più moderno di chi conserva la capacità di non dimenticare il passato”.
Come è il mondo circostante visto da un punto di vista così speciale come quello offerto da settant’anni di vita?
“Il punto di vista è effettivamente speciale, forse fin troppo, per non capire lo stato di malattia nella quale ora si trova il pianeta. E tutto per colpa di quei due amanti che non si accontentarono della straordinaria ricchezza di cui godevano e, che soltanto a loro era stata donata. Un giardino incantato dove ogni filo d’erba, ogni foglia gioiva del loro amore, circondato dalla saggezza e dall’allegria di un popolo di animali che parlava la nostra lingua. I toni di voce dell’immensa varietà di questi esseri, non ancora toccati dall’estinzione, erano come un canto melodioso che si librava nell’aria. I due amanti potevano spaziare come e dove volevano. E con la potenza del loro erotismo, procreare la bellezza di miriadi di popoli diversi, senza passare attraverso il dolore del parto. Il re della foresta, che fin da quei luoghi era il Leone, parlava spesso con loro. Il tono della sua voce grave e al tempo stesso melodioso era come una specie di mix tra la bellissima e armoniosa voce di Bocelli e quella rock del sottoscritto. Metteva in guardia i due amanti raccontando loro storie di amori continuamente mortificati da invidie, guerre e tradimenti. Favole incredibili che sarebbero diventate realtà se avessero trasgredito l’unica piccola richiesta che il Padrone del giardino aveva fatto loro”.
È una storia piuttosto nota. E a dire il vero sappiamo anche com’è andata a finire…
“Sì. Le solite storie di potere. Uno strisciante, già politico fin dalla prima ora, disse ai due amanti che se avessero mangiato quel frutto, sarebbero diventati loro i padroni del giardino. E loro non accorgendosi che praticamente erano già i padroni, non se lo fecero ripetere due volte. Così vollero appropriarsi anche dell’unica cosa di cui non avevano alcun bisogno: il Male”.
Brutta faccenda. Forse Adamo qualche attenuante ce l’aveva, altrimenti non ci sarebbe alcuna speranza di redenzione…
“Malgrado la malvagità che ci circonda, c’è ancora tanta gente buona nel mondo. Nonostante la confusione in cui sguazza il mondo, devo dire che sono ottimista. In ognuno di noi c’è la bontà e la cattiveria al pari di come abbiamo la mano destra e la mano sinistra. Generalmente, tranne i mancini, la maggior parte delle persone usa la destra. Ora se usassimo la bontà come usiamo la destra: quando mangiamo, scriviamo, ci laviamo o facciamo una carezza, cose insomma di tutti i giorni: ci accorgeremmo che ciò che arbitrariamente abbiamo associato alla sinistra, cioè la cattiveria, piano piano per mancanza di uso, si atrofizzerebbe fino a quasi scomparire. Purtroppo però questo non succede, perché la cattiveria si è impadronita sia della destra che della sinistra”.
Magari lei avrebbe anche una proposta concreta?
“La prima cosa da fare è sedersi attorno a un tavolo e convocare il P13+1”.
E questa sarebbe una proposta concreta? Chi sono i tredici + uno, non saranno mica un gruppo da Ultima Cena?
“I principali esponenti della nostra scena politica, più uno. Io non so se potrò esserci, l’importante però che ci siano Prodi, Berlusconi, D’Alema, Fassino, Veltroni, Bossi, Fini, Casini, Pecoraro Scanio, Bertinotti, Mastella, Di Pietro, Diliberto e il Dalai Lama. Come primo incontro questi possono bastare, se poi vediamo che le cose peggiorano chiameremo anche i cinesi, visto che il Papa ci tiene”.
Ma se lei avesse una bacchetta magica capace di tutto, a cosa darebbe la priorità?
“La bellezza innanzi tutto, perché dal suo degrado dipende il malessere della società e il degrado delle coscienze. In secondo luogo i salari degli operai riconoscendogli inoltre il diritto di essere i primi ad approdare alla bellezza delle cose, poiché sono gli operai il vero motore del mondo. E infine la sicurezza. E’ assurdo che i cittadini debbano avere paura di uscire di casa. Ma prima ancora, verificare se i 13+1 sarebbero disposti a spendere le loro energie per la messa a punto di un programma che avrà come unico obbiettivo la condivisione di tutti i partecipanti alla riunione; senza sapere, e questo è il punto più interessante, chi sarà poi l’uomo che lo governerà. Per cui una volta raggiunto l’accordo, ammesso che il miracolo riesca, si va alle elezioni per scegliere chi sarà il presidente del consiglio, che per la prima volta, tranne lui, tutti gli altri saranno all’opposizione. Opposizione in quanto controllori che, il programma da tutti approvato, venga eseguito”.
Quanto è stata importante la famiglia nel vivere pienamente questi anni?
“La famiglia è importantissima perché se hai la fortuna che non ti saboti, ti sostiene e ti incoraggia”.
Se dovesse fare un bilancio della sua vita, pensa di avere commesso degli errori?
“Per rispondere a questa domanda dovrei fare un replay di tutta la mia vita. Potrei anche farlo, ma mettiamo il caso che non trovi neanche un errore?”.
FOTO: UNA CARRIERA PER IMMAGINI
04/01/2008 – La Repubblica