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Alda Merini e Celentano, una storia di versi non così diversi

di Valerio Magrelli

Parenti serpenti… Mai espressione fu più adatta per illustrare i tormentati rapporti che, almeno dal dopoguerra, oppongono poesia e canzone, recentemente divise dalle polemiche sulle candidature di Bob Dylan e Leonard Cohen al Premio Nobel per la Letteratura. Eppure, almeno all’inizio, la situazione non fu conflittuale, anzi. Basti pensare alla Parigi degli anni Quaranta, con la dilagante moda dei concerti nelle cantine, dell’esistenzialismo e della grande chanson française. Nata dall’unione fra poeti e musicisti, la grande scuola accolse i nomi leggendari di Charles Trenet, Édith Piaf, Léo Ferré, Georges Brassens e Jacques Brel, che si ispirarono sia a poeti classici (Baudelaire, Verlaine), sia a loro coetanei (Jacques Prévert, Louis Aragon). Bastarono pochi anni, e l’Italia, dopo gli splendori della canzone napoletana, recepì queste nuove tendenze con i cantautori che, fra Genova e Milano, tradussero o svilupparono le opere venute da Oltralpe (e qui i nomi non servono).
Ma anche tra i nostri scrittori non mancarono esempi di collaborazione con cantanti. È il caso di Laura Betti, che nel 1960 interpretò brani di Buzzati, Calvino, Flaiano, Bassani, Moravia e Pasolini. Per quest’ultimo, poi, il discorso è assai complesso. Egli difatti scrisse per vari musicisti (Piero Umiliani, Franco Nebbia, Piero Piccioni), fra cui Sergio Endrigo, per il quale nel 1963 redasse i versi del Soldato di Napoleone. Quattro anni dopo fu la volta di Domenico Modugno, con cui compose Che cosa sono le nuvole (un piccolo capolavoro su cui torneranno prima gli Avion Travel, poi Stefano Bollani). L’ultima testimonianza di questa passione per la musica leggera riguarda l’incontro con il gruppo di rock psichedelico Chetro & Co., per cui nel 1968 scrisse il testo di Danze della sera.
E oggi? Una bella risposta ci viene dall’ultima uscita discografica di Celentano, dal titolo …Adriano, annunciata per il 19 novembre. Prodotti dal Clan Celentano e distribuiti da Universal Music, i 4 cd dello special box presentano una selezione di brani storici dell’artista, con tre inediti: Io non ricordo (da quel giorno tu), scritto da Giuliano Sangiorgi ed eseguito dai Negramaro (con cori del cantante della band salentina), Mai nella vita, di Riccardo Cocciante e Pasquale Panella, infine Ti fai del male, dello stesso Celentano, pubblicato l’anno scorso sul suo blog. Da segnalare che uno dei cd, interamente live, è dedicato al doppio concerto tenuto a ottobre nell’Arena di Verona, che ha segnato il suo ritorno sul palco dopo diciotto anni, uno spettacolo trasmesso in diretta tv che registrò oltre dieci milioni di spettatori a serata.
Altra particolarità è il volume allegato, di ben 68 pagine (circa quattro volte quelle usualmente edite). Ed eccoci al punto: questo vero e proprio libretto, fatto di fotografie, disegni, fumetti e riflessioni, contiene una lettera che la poetessa Alda Merini inviò a Celentano qualche anno fa.
Celebrata con i funerali di Stato nel Duomo di Milano, la Merini è una figura che ha oltrepassato la sfera letteraria per diventare un autentico personaggio popolare. Dopo i brillanti esordi, salutati da Montale e Quasimodo, la sua vita fu preda di un profondo disagio psichico, che la portò a incontrare le prime ombre della […] mente.
Internata nel 1947 in una casa di cura, cominciò un lungo percorso che per decenni la condurrà fra manicomi e ospedali psichiatrici. Sono una piccola ape furibonda, recita un verso: Mi piace cambiare di colore. / Mi piace cambiare di misura. E in effetti questa scrittrice tanto segnata dal dolore si rivelò imprevedibile, commovente, dispettosa, capace di catturare l’attenzione dello spettatore televisivo con un’aria al contempo superba, disarmata, narcisista fino all’esibizionismo.
Tutto ciò si riflette nella poesia e nella prosa, come dimostra appunto la lettera al Ragazzo della via Gluck, in cui si ritrovano tutti gli eccessi e gli slanci della sua opera. D’altronde questo incontro era segnato, visto il comune interesse per gli umili, le donne, le creature sofferenti da un lato, la sofferenza dell’ambiente dall’altro.
Ho ascoltato l’ultimo disco di Celentano fino all’esaurimento nervoso, scrive Alda Merini: È come se Adriano ballasse in un metro quadrato di spazio sulle piastrelle della sua paura. Il testo continua descrivendo il cantante nell’atto di invocare la resurrezione dei corpi e della mente: Alle spalle il Coro, il Coro greco delle lamentatrici che canta questo eterno funerale delle idee e della libertà dell’uomo. Secondo la poetessa, il mondo di Celentano è pieno di belve che lui guarda sorridendo e che ammansisce.
È un San Francesco, commenta, che avvicina il lupo e fa ridere anche il peggiore dei mostri. Se il ritmo di Adriano è il ritmo del sangue, il suo coraggio sta nel rivalutare il bisogno dell’uomo di non avere altri padroni che il Creatore del mondo. Da qui la conclusione: Così morirà il mondo se non ci saranno i Poeti e questi giullari del canto che pregano Dio piegandosi in due per il dolore. E qui emerge nettamente il carattere di pietas che accomuna scrittrice e musicista. Qui si tocca con mano quel senso di creaturalità che, non per nulla, li ha visti in prima fila nelle battaglie ecologiche.
Per una volta, dunque, poesia e canzone possono ritrovarsi, non più «parenti serpenti» bensì compagni, in una sorta di preghiera comune.

15/11/2013 – Il Venerdì di Repubblica

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