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60 anni con Adriano Celentano – Io non so parlar d’amore

Adriano Celentano e Mogol - "Io non so parlar d'amore"

Undicesimo appuntamento con la rubrica 60 anni con Adriano Celentano. Questa volta il tema è Io non so parlar d’amore, l’album che nel 1999, grazie anche alla nascita della collaborazione con Mogol e Gianni Bella, decretò la rinascita artistica da solista del Molleggiato, arrivando a superare le due milioni di copie vendute, un vero e proprio record.
Vi proponiamo dunque due interviste, tratte dal quotidiano La Stampa, rilasciate a Marinella Venegoni rispettivamente da Mogol (15 Aprile 1999) e Adriano Celentano (5 Maggio 1999).

Mogol sveglia Celentano

AVIGLIANO UMBRO – Giulio Rapetti in arte Mogol, l’uomo che rese immortali le canzoni più belle di Lucio Battisti, si è infilato in una grande sfida e adesso che il lavoro è concluso appare del tutto soddisfatto: ha scritto dieci delle 12 canzoni che compongono il nuovo disco di Celentano, quello che tutti già annunciano come rinascita del Molleggiato, uomo di molte e contraddittorie stagioni artistiche. Il disco s’intitola «Io non so parlar d’amore», dal verso di un brano, e uscirà il 5 maggio; è preceduto da oggi, anche in radio, dal singolo «Gelosia», assai carino, dove il Celentano miglior interprete s’incontra con una melodia effervescente di cui è autore Gianni Bella, abituale collaboratore di Mogol. Mogol-Bella sono autori del 90 per cento del disco.

E’ contento di com’è andata con Celentano, Mogol?
«Sì. Ho avuto molti riscontri positivi: è uno di quei dischi dove suona tutto, dove c’è dentro di tutto. C’è un’energia in cui si assomma l’energia di tutti i professionisti che suonano. Celentano ne è uscito alla grandissima».

Com’è avvenuto il contatto con Adriano?
«Nella mia scuola di Avigliano, il Cet, avevamo fatto l’ascolto del disco di Celentano e Mina; gli allievi sono rimasti colpiti dalla sua voce straordinaria e attuale. Proprio quel giorno, è venuto qui Detto Mariano, che tiene dei corsi di musiche da film. A cena, gli ho detto: mi piacerebbe fare qualcosa con Adriano, perché ha una bella voce. Dopo 25 giorni, Mariano mi ha detto solo che Adriano aspettava una mia telefonata. Ci siamo visti, a casa sua, e abbiamo cominciato a lavorare».

Cosa rappresenta per lei Celentano?
«Prima di tutto è un’amicizia che dura da trent’anni. E’ l’amicizia di due che hanno la stessa cultura di base: lui è nato in Via Gluck e io due chilometri più in là, a Città Studi. Tutti e due giocavamo nelle strade da bambini e facciamo parte di una cultura milanese di altri tempi, molto rigorosa, pura, ingenua. Milano era una città un po’ speciale, sotto il profilo del rigore; come sia adesso non lo so perché non ci sto più».

Che pensa di lui come interprete?
«Ha questa ruvidezza nella voce, che lo fa cantante rock anche quando canta melodie d’amore. Una voce asciutta, che ti dà un altro tipo di emozione».

Come le è venuta l’ispirazione?
«Non mi arriva mai. Io trovo le parole nella musica, nella voce, nel provino, nell’espressione, nei colori di quello che mi viene trasmesso: e cerco poi nella vita mia e di altri le parole per quel tipo di intenzione. C’è una canzono molto bella che racconta come il momento più importante di un rapporto sia quando loro due si addormentano insieme, abbracciati: quando si assentano insieme, insomma. Se ci riflette, questo non è mai l’obiettivo manifesto di nessuno, ma forse è il momento sublime».

E’ un disco tutto amore?
«Il problema del rapporto uomodonna è molto complesso. Non si può esigere proprietà però esso si spezza nel momento in cui questa non c’è più; presuppone sensibilità diversa, e può darsi che una persona non s’accorga di quanto male fa: in questa complessità, tutti hanno molto da imparare. Tutti pensano che renda di più il discorso egoistico, invece è fallimentare».

Avete dibattuto, con Adriano?
«Qualche volta mi ha abbracciato. Mi hanno gratificato lui, Gianni Bella e anche Claudia Mori che è veramente straordinaria: Adriano ha avuto il conforto della sua presenza, in fase esecutiva è stata lei a tenere le redini di tutto».

Quanto avete lavorato insieme, in passato?
«Ho scritto per lui nei Sessanta 8 canzoni, fra le quali “Il Tangaccio”, “Grazie Prego Scusi”, “Nata per me”, “Mondo in mi settima”, “Una festa sui prati”. Siamo due amici che si ritrovano»


Celentano, giochi d’amore

MILANO – Ride al telefono, Celentano. Sa che il suo nuovo disco «Io non so parlar d’amore» è riuscito bene. Ieri però ha disertato la propria conferenza stampa, ha preferito restare a casa con Mogol; ha mandato avanti la fida Claudia e con lei il dott. Roberto Magrini, direttore di Rti e già fautore del suo disco con Mina. Il quale ha annunciato che l’album ha già collezionato 150 mila prenotazioni. Mentre le canzoni girano nell’aria, su un grande schermo passano immagini sfiziose montate dal Molleggiato: in un disco piuttosto romantico, Adriano ha messo immagini di guerra su «Qual è la direzione», fra Kosovo e Kuwait in fiamme. Forse, diventerà un video.

Adriano, è contento di essersi convinto ad andare in mezzo agli altri per fare un bel disco?
«Certo. Ci sono stati vari viaggi, fra Milano Marittima dove abbiamo inciso le basi, casa mia per le sovrapposizioni della voce, Stonehenge per il missaggio. Ma già per incidere con Mina andavo avanti e indietro a Lugano. E’ vero però che in casa ho tutti i miei giocattoli, lo studio tv, il computer, e poi aggiusto gli orologi. Per questo faccio un po’ di fatica ad uscire. Poi magari, mi è difficile tornare».

E’ stato faticoso?
«S’è creata una bella armonia con Mogol e tutti gli altri. Con lui, non ci vedevamo da trent’anni ma quando l’ho visto mi è sembrato di averlo lasciato la sera prima: l’unica differenza sono i capelli bianchi che però lui almeno ha; abbiamo conservato la stessa voglia di giocare. Quando ci siamo visti, abbiamo cominciato subito a parlare del progetto, anche con Gianni Bella: che è molto simpatico, ha un valore umano oltreché di autore. E’ stato prolifico, Bella: nel giro di 7/8 giorni mi ha portato 7/8 pezzi, diceva che lo avevo ispirato. Io ero persino preoccupato di dover scegliere fra tanto materiale. Mi piaceva tutto».

Come avete lavorato?
«Ci sorprendevamo continuamente su ogni pezzo, ogni cosa veniva bene. A Milano Marittima son stato dieci giorni: conoscendomi, Claudia ha fatto arredare una stanzetta, sapendo che sarei andato lì con Micky Del Prete e due o tre amici; così giocavo un pochino a poker, si andava a mangiar tutti insieme, e a letto alle 3 di notte».

Sua moglie Claudia è sempre l’instancabile organizzatrice del suo lavoro?
«E’ la coordinatrice di tutto, mi fa arrabbiare tante volte quando da’ giudizi perché è irruenta, ma è lei che mantiene le redini di tutto, con quei suoi occhi fanciulleschi perché lei è una bambina anche fisicamente: io invece lo sono solo dentro, un bambino».

Cos’è che le è soprattutto piaciuto fare?
«La fase più bella è sempre il missaggio, quando con tutti gli strumenti a portata di mano devi decidere i colori. Come il montaggio nei film».

Bello il montaggio di scene di guerra che ha inventato su una canzone.
«Claudia non vuole che parli di guerra e s’è arrabbiata anche per questo video. Si ricorda sempre dei tempi di “Fantastico”, con le polemiche».

Farete prima o poi un film?
«Le voglie ce le ho tutte, in verità: fare un film, cantare davanti al pubblico, ma poi c’è sempre di mezzo il mare. Soprattutto con un disco come questo».

Vorrebbe andare in tour?
«Mi piacerebbe, ma è difficile. Magari provo a pensare a uno o due eventi particolari».

Vorrebbe tornare in tv?
«Per il momento c’è ancora la causa con la Rai: la prossima udienza è in giugno. Una volta risolta la cosa, se ne potrebbe parlare».

«L’arcobaleno» è dedicata a Battisti.
«Nessuno di noi, né io né Bella, aveva parlato di fare una cosa su Battisti. Poi Gianni ha portato quella musica stupenda, io gli ho detto che la volevo risentire e Mogol sbotta: “Mi è venuta un’idea che non ti dico, sarà forte. Faccio un testo”. Io non sapevo e non volevo, e lui: “lo faccio ugualmente, vedrai che ti piacerà”. Quando ho sentito insieme testo e musica, l’effetto è raddoppiato: hanno fatto in fretta loro e anch’io ho inciso in due sole volte. Si vede che il regista era Battisti: non mi ha ancora telefonato ma prima o poi mi farà i complimenti».

Come tiene allenata la voce?
«Canto così da trent’anni; ma da “Fantastico” in poi ho un po’ disabituato il pubblico a queste melodie, ero più concentrato sulle parole».

All’interno del disco lei dedica tre righe a Nada.
«Neanche la conosco, ma mi ha colpito il pezzo di Sanremo, benefico per il Festival che da vent’anni non riesce più a decollare. Ho sentito la necessità di dirlo, perché le due giurie non se ne sono accorte».


Per il Tg2, la video-intervista a cura di Manuela Moreno:

Adriano Celentano - Intervista TG2 (1999)

Lo staff di ACfans.it

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